Drappeggi neri, un telo nero a coprire il pianoforte, sedie nere accatastate sul fondo della scena. Si apre il sipario su un ambiente lugubre. L’attesa buia allerta i sensi su ciò che sta per accadere. Poi le luci si accendono su Daniele Pecci, l’Oscar Wilde in Divagazioni e Delizie visto al Teatro Parioli di Roma. Un testo di John Gay, autore americano recentemente scomparso. Wilde è un poeta ormai stanco, grasso e abbrutito, in bancarotta, rifugiatosi in Francia dopo essere stato scarcerato dalla prigione di Reading, per riparare allo scandalo e farsi dimenticare dal mondo, forse anche dalla letteratura.
Il testo teatrale è formato totalmente dagli scritti del letterato. Dopo una prima parte concentrata sui fatti biografici del poeta – le avventure e disavventure che lo hanno fatto diventare un caso letterario al mondo – lo spettacolo ripercorre le riflessioni dello scrittore attraverso la citazione dei suoi testi più famosi.
Il monologo di Daniele Pecci è a tratti interrotto dalla presenza di un macchinista, che entra in scena, e da un altro aiutante dietro le quinte, con i quali Oscar Wilde si scontra in diverse occasioni. Il poeta affitta piccoli spazi per raccontare i drammatici anni della prigione; vive la contraddizione di rendersi invisibile, affinché tutti si dimentichino dello scandalo, ma allo stesso tempo non rinuncia a presentare a un pubblico immaginario la sua verità su quanto accaduto.
Non esita a presentarsi come “mostro”, come “scandalo vivente” e attraverso aneddoti e ricordi divertenti e dolorosi attinge a piene mani al suo testo più drammatico, quel De Profundis scritto in prigione, una lunga lettera indirizzata al suo amante Lord Alfred Douglas, “Bosie”. Lo spettacolo, quindi, prosegue in una sorta di conferenza autobiografica.
Senza mettere in discussione la bravura di Daniele Pecci, che regge la scena da solo per circa un’ora e mezza, il testo però non è all’altezza della prova d’attore. Si percepisce un limite nella narrazione del personaggio, l’insistenza di voler restituire Oscar Wilde secondo quello che si conosce di lui, quello che ci si aspetta che lo scrittore sia: salottiero, affabile oratore, uomo dal sarcasmo tagliente. Persino la confessione pubblica dell’omosessualità risulta didascalica, una sottolineatura superflua per il conosciuto e riconosciuto vissuto dell’artista. Il procedere per elementi già previsti rallenta la forza di impatto dello spettacolo sulla platea.
DIVAGAZIONI E DELIZIE
di John Gay
traduzione e regia Daniele Pecci
con Daniele Pecci
regista assistente Raffaele Latagliata
costumi Alessandro Lai
musiche originali Patrizio Maria D’Artista foto di scena Tommaso Le Pera