EMANUELE STRACCHI si racconta attraverso la “Musica ricercata” di György Ligeti

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  1. Com’è nato il tuo interesse per la musica di Ligeti?

La mia passione per il compositore ungherese György Ligeti (1923-2006) è nata durante i miei studi al Conservatorio, alimentata dall’affinità con la mia sensibilità musicale e dalla mia insaziabile curiosità per nuove forme espressive e linguaggi innovativi. Lo studio del pianoforte e della composizione mi ha permesso di scoprire e apprezzare in profondità la complessità e l’originalità della sua musica.

Durante il biennio di secondo livello in pianoforte, ho scoperto capolavori come “Musica ricercata” e gli “Studi”, oltre al coinvolgente “Hungarian Rock” per clavicembalo. Successivamente, con gli studi di Composizione, mi sono immerso nei suoi lavori orchestrali, rimanendo profondamente colpito dalla commistione tra il genere classico, il rock e, in alcuni casi, persino elementi jazzistici… Insomma, Ligeti è stato un vero e proprio rivoluzionario: ha superato i limiti del linguaggio musicale tradizionale, esplorando territori sonori inesplorati. La sua musica, caratterizzata da una complessità ritmica e timbrica straordinaria, è al tempo stesso affascinante e stimolante. Ma ciò che lo rende davvero unico è la sua capacità di creare un ponte tra la musica colta e la musica popolare, integrando continuamente elementi di diverse culture e generi nelle sue composizioni. Questa sua originalità lo ha reso un compositore estremamente influente.

Una volta scoperto Ligeti, ne sono rimasto affascinato, come lo sono sempre stato da altre tre figure che hanno fortemente influenzato le mie scelte estetico-compositive: Igor Stravinskij, Arvo Pärt ed Ennio Morricone.

2) Che cos’è “Musica ricercata”? Hai scritto un libro su questo argomento, edito da EROM Edizioni Romana Musica, con la prefazione di Emanuele Arciuli. Spiega brevemente ai tuoi lettori di cosa parli.

Il mio studio si focalizza su un’opera molto interessante di György Ligeti: “Musica ricercata”. È un ciclo di 11 brevi pezzi per pianoforte che Ligeti ha scritto all’inizio della sua carriera.

Quello che rende speciale questa raccolta è il modo in cui Ligeti ha costruito ogni pezzo, cioè “l’idea compositiva” che c’è dietro. Ha iniziato da pochissime note e le ha gradualmente aumentate fino a usare tutte le note possibili dentro alla scala cromatica. Ma non si è limitato a questo: ha anche aggiunto spunti ritmici e formali molto particolari, ispirandosi a compositori come Frescobaldi, Bartók e Stravinskij, ma anche a danze popolari e a canti tradizionali.

In ogni pezzo, Ligeti sembra voler esplorare tutte le possibilità che una singola idea musicale può offrire. Prende un piccolo motivo e lo sviluppa in mille modi diversi, creando melodie e armonie sempre nuove. Questa sua capacità di trasformare e reinventare la musica è una caratteristica che, di fatto, ritroviamo poi in tutte le sue opere.

Ligeti era un compositore molto curioso ed aperto a tutte le influenze musicali. Nelle sue composizioni si possono sentire echi di diverse culture e di diversi stili musicali, dal classico al popolare. Ma nonostante questa grande varietà, la sua musica ha sempre un carattere molto personale e riconoscibile. Nel mio testo ho affrontato l’argomento accompagnando per mano il lettore alla scoperta del compositore attraverso tre step: un’indagine estetica sul Ligeti giovanile, un’analisi compositiva accurata e pezzo per pezzo dell’intero ciclo, infine ho tirato le somme nella terza parte connettendomi al repertorio della maturità.

Partiamo dal presupposto che i concetti di “consonanza” e “dissonanza” sono in gran parte soggettivi e culturali. Detto questo, uno degli aspetti più caratteristici della “Musica ricercata” di Ligeti, e più in generale della sua produzione, è il suo approccio all’armonia. Ligeti ha creato un linguaggio armonico unico, che non si inquadra né nel sistema tonale tradizionale né nell’atonalità pura. Ma allora, perché il pubblico sembra apprezzare più facilmente Ligeti rispetto a compositori come Boulez o Stockhausen? Certo, le abitudini di ascolto giocano un ruolo importante, ma non possiamo limitarci a dire che “il pubblico non capisce niente”. La musica, dopotutto, è destinata ad essere ascoltata.

Nel mio testo ho cercato di spiegare come Ligeti riesca a creare un equilibrio tra accessibilità e sperimentazione. Potremmo definire la sua armonia “metatonale”: c’è sempre un punto di riferimento, un centro tonale, ma viene costantemente sfumato e nascosto da riferimenti a strutture modali o da ripetizioni di alcuni elementi che creano campi armonici familiari all’orecchio. In questo modo, Ligeti riesce a scrivere musica che è al tempo stesso ricca di melodie e di dissonanze, offrendo un’esperienza di ascolto sia emozionante che intellettualmente stimolante.

C’è di più: “Musica ricercata” vuol dire superare il panico da foglio bianco che attanaglia ogni compositore, dimostrando che si possono edificare grandi architetture a partire a pochissimi elementi. Questo ciclo è un’opera fondamentale per capire l’estetica di Ligeti. È esempio perfetto della sua capacità di combinare tradizione e innovazione, di creare musica complessa ma al tempo stesso accessibile. Il pubblico apprezza sempre moltissimo l’esecuzione di questa suite.

3) Il pubblico, un argomento centrale. Come riesci a “rendere” l’opera, come ti relazioni nei confronti dei fruitori che ascoltano, per questa musica che comunque potrebbe apparire di difficile comprensione?

La parola d’ordine per me è “spiegare”.

Spiegare la musica classica durante un concerto è un po’ come aprire una porta su un mondo segreto, ricco di sfumature e complessità. Il pubblico, spesso, ha bisogno di una chiave per accedere a questo tesoro nascosto. Il mio obiettivo è proprio questo: fornire al pubblico alcuni strumenti per apprezzare appieno la bellezza e la profondità di un’opera.

Quando introduco un brano, non mi limito a fornire qualche informazione biografica sul compositore. Cerco di svelare le intenzioni dell’autore, di smontare la composizione pezzo per pezzo, come un meccanismo complesso; far comprendere il percorso che fa un elemento musicale A per arrivare ad un altro elemento musicale B, che può essere un punto culminante o un punto di arrivo finale. In questo modo, la musica diventa un racconto affascinante, un viaggio alla scoperta di un mondo sonoro.

Ricordo ancora l’entusiasmo del pubblico quando spiegavo la struttura di “Musica ricercata” di Ligeti. Capivano subito il gioco ingegnoso del compositore e si sentivano parte attiva dell’esperienza d’ascolto.

Perché è così importante spiegare la musica classica? Perché la rende più accessibile e meno elitaria. Perché stimola la curiosità, spingendo gli ascoltatori a approfondire e a tornare ad ascoltare. E soprattutto, perché crea un ponte tra il passato e il presente, dimostrando che la musica classica è viva e pulsante. Credo fermamente che la musica del Novecento e quella contemporanea debbano essere rese più familiari al grande pubblico. Emozionare, coinvolgere, creare un dialogo tra l’esecutore e l’ascoltatore: questi sono gli obiettivi che mi pongo ogni volta che salgo sul palco.

4) In quali Sale da concerto / Teatri hai avuto modo di esibirti e di proporla?

Va detto che questo ciclo di “Musica ricercata” è stato una vera e propria rivelazione per me.

L’ho scelto come argomento della mia tesi di Biennio in pianoforte e l’ho eseguita per la prima volta proprio nella sala del Conservatorio, dove tutto è iniziato.

Poi ho capito che questo repertorio, assieme ad altri autori e a mie composizioni, calzava a pennello con le mie scelte estetiche personali. Da lì ho continuato a lavorarci, rielaborando lo scritto originale, fino a farlo diventare una pubblicazione ufficiale e continuando a studiare la partitura di Ligeti, assieme ad altri suoi brani come gli “Studi” e le opere per clavicembalo. Con “Musica ricercata” ho vinto il Premio Novecento 2015 al Concorso Internazionale “Luigi Nono” di Venaria Reale, Torino: ricordo che colpì molto la mia interpretazione del ciclo ligetiano, che in quella occasione feci completamente a memoria.

In seguito ho suonato la composizione moltissime altre volte, per grandi e piccole sale, ogni volta con grande successo di pubblico. È stato particolarmente emozionante suonarlo di recente in Romania, anche perché vorrei ricordare che Ligeti era nato nel 1923 da famiglia ungherese ma presso l’attuale Târnăveni, un villaggio della Transilvania che poi passato alla Romania con la fine della Prima guerra mondiale.

(A cura di) Emanuele Stracchi

News Reporter
Milano, 1990. Laureato magistrale e triennale in Filosofia ("Vita-Salute San Raffaele", 110/110, 2014) con un "Erasmus" di un anno presso l'Université "Paris 1/Panthéon-Sorbonne". Ho lavorato come articolista, content creator e intervistatore per "MilanoSud" (2021), "Melegnano Web TV" (2020/21) e "Aracne TV" (2020). Sono stato finalista premiato al premio "Nabokov" (dicembre 2021). Per ogni altra informazione (libri, critica musicale, conferenze tenute, riconoscimenti letterari), ecco il mio sito: "www.stefanochiesascrittore.it" Grazie :D

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