Quattro “eroine”, quattro voci e volti femminili della letteratura straniera europea, protagoniste di altrettanti capolavori dell’Ottocento, attraverso cui vorrei far emergere il tema, o forse l’idea, dell’amore, perché credo nel potere della letteratura di insegnarci a riconoscere, capire, interpretare i sentimenti e, perché no, a viverli.
Le opere che prenderò in considerazione sono La Regenta di Clarín, Madame Bovary di Gustave Flaubert, Effi Briest di Theodor Fontane e Wuthering Heights di Emily Brontë.
Il romanzo La Regenta dello scrittore spagnolo Leopoldo Alás, conosciuto con lo pseudonimo Clarín, fu scritto in due tomi negli anni 1884-85 ed è considerato la seconda opera più importante della letteratura spagnola dell’Ottocento dopo Don Chisciotte. È ambientato a Vetusta, città spagnola fittizia che rappresenta con ogni probabilità la Oviedo di Clarín. I fatti presentati nell’opera rispecchiano la realtà storica contemporanea della nazione. La protagonista del romanzo è Ana, moglie dell’ex reggente del tribunale di Vetusta, Don Victor. I due coniugi hanno una grande differenza di età e conducono una vita matrimoniale vuota, monotona ed infelice. Ana si sente costantemente insoddisfatta e trascurata dal marito: “¿Cabe libertad donde no hay elección? Cabe elección donde no se conoce mas que uno de los términos en que ha de consistir?” (C’è libertà dove non c’è scelta? C’è scelta dove non si conosce più di una delle condizioni in cui consiste?)
Ella cede alle tentazioni di Don Álvaro, confidente di Don Victor, e tra i due si instaura una relazione segreta. La protagonista vede nella figura dell’amante il suo salvatore, poiché trascurata dal marito che non pensava ad altro che alla caccia ed era sempre in preda delle proprie manie. La relazione clandestina tra i due durerà fino a quando la cameriera la rivelerà al marito di Ana, il quale sfiderà il traditore a duello, venendo però sconfitto ed ucciso. Ana, consumata dai rimorsi e distrutta sia fisicamente che spiritualmente, cadrà in una sorta di solitudine e morte sociale.
Ana si presenta come donna profondamente spirituale e religiosa, sovente in preda a crisi mistiche come conseguenza del suo essere divorata dal conflitto tra mondo interiore e modelli imposti dalla società. I temi presenti nel romanzo sono quindi la religione e la corruzione della Chiesa come istituzione ed i conflitti tra le classi sociali (chiesa e aristocrazia da un lato, borghesia e proletariato dall’altro) in una realtà, quella di Vetusta, vista come centro dell’ipocrisia: “Ana observaba mucho. Se creía superior a los que la rodeaban, y pensaba que debía de haber en otra parte una sociedad que viviese como ella quisiera vivir y que tuviese sus mismas ideas. Pero entretanto Vetusta era su cárcel, la necia rutina, un mar de hielo que la tenía sujeta, inmóvil.” (Ana osservava molto. Si sentiva superiore a chi le stava intorno, e pensava che da un’altra parte ci dovesse essere una società che vivesse come lei desiderava vivere e che avesse le sue stesse idee. Ma intanto Vetusta era la sua prigione, la sciocca abitudine, un mare di gelo che la teneva soggiogata, immobile.) Altro tema, il principale, è l’amore che sfocia nell’adulterio, con la conseguente punizione della moglie infedele e l’assoluzione degli errori del marito che hanno spinto al tradimento: “Yo estoy enferma…a veces se me figura que soy por dentro un montón de arena que se desmorona… No sé cómo explicarlo… sento grietas en la vida… me divido dentro de mí, … me achico, me anulo…!si usted me viera por dentro, me tendría lástima!” (Sono ammalata…a volte credo di avere dentro me un mucchio di sabbia che si sbriciola…Non so come spiegarlo…sento crepe nella vita…mi sento divisa all’interno,…mi faccio piccola, mi annullo…se lei vedesse come sono dentro, ne avrebbe compassione.)
Clarín fu accusato di plagio, “flaubertismo”, per le evidenti corrispondenze della sua opera con Madame Bovary, il celebre romanzo scritto dal francese Gustave Flaubert e pubblicato nel 1857. Alcune scene presentano una simile ambientazione e la trama ha moltissimi punti in comune. Entrambe le protagoniste dei romanzi, Ana e Emma Bovary, soffrono una solitudine morale profonda, sviluppano insofferenza e frustrazioni verso la società ed i suoi codici, presentano una personalità troppo sognatrice e romantica che impedisce loro di soddisfare le proprie ambizioni.
Emma, protagonista del romanzo francese Madame Bovary, vive in un ambiente rurale della Normandia, la cittadina di Rouen, dove è moglie di un medico maturo e benestante, ma senza aspirazioni o ambizioni. Lei è molto irritata dalla presenza del marito e spesso si chiede perché mai l’abbia sposato; i suoi giorni si succedono uguali, senza novità, avventure o felicità alcuna, si sente come un naufrago che passeggia sulla solitudine della vita: “N’importe! Elle n’était pas heureuse, ne l’avait jamais été. D’où venait donc cette insuffisance de la vie…?” (Non importa! Lei non era felice, non lo era mai stata. Da dove proveniva quindi questa insufficienza della vita…?)
Si concede quindi un amante, Rodolphe, che incontra regolarmente nell’orto di casa e da cui viene lasciata attraverso una lettera d’addio scritta da lui prima di partire, per paura di compromettersi attraverso questa relazione clandestina. Ella avrà un secondo amante, Léon, che le farà capire la vanità della passione: “Sa vie était froide comme un grenier dont la lucarne est au nord, et l’ennui, araignée silencieuse filait sa toile dans l’ombre à tous les coins de son coeur.” (La sua vita era fredda come una soffitta con il lucernario a nord, e la noia, un ragno silenzioso che filava la sua tela nell’ombra in ogni angolo del suo cuore.)
Il finale dell’opera è tragico: Emma si suicida infatti con dell’arsenico, poiché non più in grado di tollerare la disperazione provocata dalla sua stessa infelicità; il marito ne scoprirà l’infedeltà soltanto dopo la morte grazie al ritrovamento delle lettere dell’amante.
Sia La Regenta che Madame Bovary trattano dell’adulterio, della noia e dell’insofferenza da parte delle protagoniste intrappolate in un’angusta e sterile vita di coppia e un ambiente borghese chiuso, immobile e volgare. Entrambe sono, o sono state, credenti, hanno conosciuto i rispettivi amanti durante un ballo e amano la lettura, in cui si rifugiano nelle giornate più buie. Spesso si paragonano a donne più felici e fortunate di loro, con una vita fatta di piaceri ed avventure, e si sentono abbandonate persino da Dio. Entrambe vivono la realtà sociale e materiale che le circonda come un peso, il trambusto introdotto dall’amore come liberazione. Emma Bovary, spinta da un impulso letterario e sognatore a credersi amante appassionata, personifica la lotta tra la realtà soggettiva e quella oggettiva, cui soccomberà, ed il suo corpo ne uscirà deformato: “Elle était l’amoureuse de tous les romans, l’héroïne de tous les drames, le vague elle de tous les volumes de vers”. (Lei era l’amante di tutti i romanzi, l’eroina di tutti i drammi, la lei indistinta di tutti i volumi di poesia).
La Regenta rappresenta invece la lotta tra la propria sensibilità morale contro la forza dell’istinto represso e poi sublimato: racchiude in sé quindi il conflitto religioso e sociale della Spagna dell’epoca, con i suoi vizi e virtù, mentre affonda in una sorta di solitudine sociale.
Il romanzo Effi Briest, dello scrittore tedesco Theodor Fontane, esce nel 1884 e racconta di una ragazza di diciassette anni libera e spensierata, Effi, che vive in un paese di provincia della Prussia con in genitori. Viene data in sposa ad un uomo di trentotto anni, un barone, ex spasimante della madre della ragazza. Effi, per accondiscendere al volere dei genitori, non si oppone al matrimonio, ammettendo di provare stima per il barone, ma al contempo anche timore e soggezione: “Jeder ist der Richtige. Natürlich muss er von Adel sein und eine Stellung haben und gut aussehen.” (Ognuno è quello giusto. Naturalmente deve essere un nobile, avere una posizione ed un bell’aspetto.)
La vita matrimoniale si rivela presto piatta e noiosa, Effi si sente molto iniquieta, ha bisogno di stimoli nuovi e di distrazioni e finisce per tradire il marito con il maggiore Crampas. Effi dà alla luce una figlia e si trasferisce a Berlino per motivi lavorativi legati al marito. Coglierà l’occasione del trasferimento per porre fine alla relazione con Crampas e, una volta ambientatasi a Berlino, non vorrà più fare ritorno al passato, nella cittadina di Kressin. A differenza dei due precedenti romanzi, la storia di Effi non ruota attorno all’adulterio, questo non viene neppure esplicitamente descritto nel romanzo, forse per la mancanza della passione, infatti Effi non ama nemmeno Crampas. In lui aveva intravisto una possibilità, un tentativo di colmare il vuoto, la noia: “Wir müssen verführerisch sein, sonst sind wir gar nichts.” (Dobbiamo essere seducenti, altrimenti non siamo nessuno.)
Quando infatti lascia Kressin per Berlino, Effi tira un sospiro di sollievo e si lascia alle spalle anche l’amante, non provando alcuna vergogna per l’adulterio in sé, quanto piuttosto per la menzogna, per il peso morale che essa implica. Per puro caso il marito verrà a conoscenza dell’adulterio di Effi ben sette anni più tardi e, per imposizione delle regole sociali del tempo, dovrà sfidare il traditore a duello. Lo ucciderà e di conseguenza ripudierà la moglie ed otterrà la custodia della figlia: “Crampas mühte sich, dich zu retten, doch er versank mit dir.” (Crampas si è sforzato di salvarti, ma è affondato insieme a te.)
Anche i genitori di Effi la abbandoneranno, accogliendola però in un secondo momento, dopo essersi interrogati sul senso e sulla correttezza di una tale punizione dettata dalle regole sociali. Poco dopo il ricongiungimento con la famiglia Effi morirà di consunzione o, piuttosto, schiacciata dagli ingranaggi di un meccanismo sociale in cui è nata e cresciuta. Anche in quest’opera trapela una critica sociale rivolta alla chiusura mentale della borghesia prussiana, ancora troppo legata al passato, ad una società di tipo militare fatta di obbedienza a regole e convenzioni, in cui regnavano rigidità, punizione e senso del dovere, che non dava spazio all’individualità, dove i singoli erano le vittime della loro stessa educazione.
Il quarto romanzo di cui parlerò è Wuthering Heights di Emily Brontë, uscito nel 1847, che parla del grandissimo amore tra la protagonista Catherine e Heathcliff, un orfano adottato dal padre della ragazza. Il romanzo è ambientato nella desolata brughiera dello Yorkshire, dove nasce la storia d’amore tra i due, storia che mai troverà realizzazione nella vita reale, poiché Catherine sposerà il benestante Linton pur non amandolo, ma come risposta ad una educazione borghese imposta, tipica dell’età vittoriana. Sposare Heathcliff l’avrebbe umiliata e degradata poiché orfano e di umili origini: “He shall never know that I love him: and that, not because he’s handsome, Nelly, but because he’s more myself than I am. Whatever our souls are made of, his and mine are the same; and Linton’s is as different as a moonbeam from lightning, or frost from fire” (Lui non dovrà mai sapere che lo amo: e questo, non perché lui non sia bello, Nelly, ma perché è più me stessa di quanto non lo sia io. Di qualunque cosa siano fatte le anime, la sua e la mia sono la stessa cosa; e quella di Linton è così diversa, come un raggio di luna da un lampo, o il ghiaccio dal fuoco.)
Il loro amore, nonostante numerose e dolorose vicissitudini, si manterrà però intatto, tanto da trascendere il piano reale: infatti, quando Catherine muore poco dopo aver dato alla luce una bambina, si legge che la sua presenza sia rimasta costante nella vita di Heathcliff come un qualcosa di tangibile e vero. Si tratta quindi di un amore eterno che va oltre il limite del possibile, un amore che non poteva trovare collocazione nei tessuti della convenzione, di una società di facciata, falsa, fatta di compromessi: “My love for Heathcliff resembles the eternal rocks beneath: a source of little visible delight, but necessary. Nelly, I am Heathcliff! He’s always, always in my mind: not as a pleasure (…) but as my own being”. (Il mio amore per Heathcliff assomiglia all’eterna roccia sottostante: una fonte di sottile visibile piacere, ma necessario. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre, sempre nei miei pensieri: non come un piacere … ma come il mio stesso essere.)
Catherine è una ragazza vivace, innocente che vive in un ambiente naturale, selvaggio e misterioso: in Wuthering Heights si esplora il lato emozionale e romantico della protagonista, insieme ad un amore non convenzionale, profondo, passionale, che mai si estingue, capace di trascendere qualsiasi piano temporale. D’altro canto, in Madame Bovary si esplora invece la parte più fisica e sessuale del genere femminile attraverso la figura di Emma, sognatrice, immaginativa, ricolma di desideri irraggiungibili volti alla ricerca disperata della realizzazione delle proprie fantasie: “Elle allait donc posséder enfin ces joies de l’amour, cette fièvre du bonheur dont elle avait désespéré”. (Avrebbe quindi infine ottenuto queste gioie d’amore, questa febbre di felicità in cui ormai aveva perso la speranza)
Tentativi che si dimostreranno fallimentari, con amanti incapaci di realizzare tali fantasie, che le offriranno solamente amori lussuriosi, egoisti, senza rispetto per l’altro: “L’amour, criait-elle, devait arriver tout à coup, avec de grands éclats et des fulgurations, ouragan des cieux qui tombe sur la vie, la bouleverse, arrache les volontés comme des feuilles et emporte à l’abime le coeur entier.” (L’amore, lei sosteneva, doveva arrivare all’improvviso, con grandi scoppi e folgorazioni, uragano dei cieli che cade sulla vita, la sconvolge, strappa i desideri come foglie e trascina nell’abisso l’intero cuore.)
Un punto in comune tra Catherine ed Emma è la caduta in uno stato di prostrazione fisica e mentale, che fu chiamato a posteriori “febbre cerebrale”, descritto come una crisi nervosa in cui si cade vittima di un letargo simile alla morte, che irrompe inizialmente al pari di una reazione isterica per poi divenire un malessere costante e permanere per intere settimane o mesi. Quando Catherine scopre che Heathcliff, al solo scopo di farla ingelosire, è fuggito con la sorella del marito Linton, cade vittima di una forte crisi nervosa trascorrendo dei terribili mesi di malattia. Il marito si prenderà cura di lei con amore e dedizione, non lasciandola mai sola, giorno e notte; ma la malattia scomparirà solo al ritorno di Heathcliff. Allo stesso modo anche Emma Bovary soffre di un’atroce crisi dopo essere stata lasciata dall’amante Rodolphe: dopo aver lanciato un grido feroce cade in uno stato di catalessi, in preda al delirio, per poi entrare in una sorta di assurdo misticismo. Anche in questo caso il marito medico abbandonerà temporaneamente il suo lavoro con i pazienti per assistere la moglie di continuo; ma Emma guarirà soltanto con l’arrivo di un vecchio ammiratore, Léon, da cui si lascerà sedurre.
Bibliografia
Leopoldo Alas “Clarín”, La Regenta, Ariel, 1982, Barcelona
Emily Brontë, Wuthering Heights, Wordsworth Editions, 1992
Gustave Flaubert, Madame Bovary, Michel Lèvy Frères, 1857, Paris
Theodor Fontane, Effi Briest, Deutsche Rundschau, 1884, Berlin
José Benitez, Madame Bovary vs La Regenta, La literatura más cerca, blogspot, giugno 2014
Gonzalo Sobejano, Madame Bovary en La Regenta, Cervantesvirtual .com, Biblioteca virtual Miguel de Cervantes
La Regenta, Wikipedia
Effi Briest, adultera per caso, cadavresquis, wordpress, maggio 2015
La “Gabbia” del matrimonio tradizionale: lo scandalo dei Romanzi Ottocenteschi, vanillimagazine
Effi Briest, bibliotecapgnegro .uni pr. it
Effi Briest, Wikipedia
Effi Briest by Theodor Fontane, The Argumentative Old Git, wordpress
Effi Briest by Theodor Fontane, bookerundthecorner .com
Comparing Wuthering Heights and Madame Bovary, fictionpress .com
Variations of Conventional Romantic Fiction in Wuthering Heights and Madame Bovary, phdessay .com
B. Morros Mestres, Wuthering Heights de Emily Brontë y Madame Bovary de Gustave Flaubert: a proposito de la fiebre cerebral, 2019, Departemento de Filología Espanola, Barcelona