Sergej Segeevič Prokofiev (1891-1953) è stato, insieme a Rachmaninov, Scriabin e Tchaikovsky, uno dei massimi compositori russi.
Si cercherà di porre l’accento sull’“evoluzione” del suo linguaggio: da postromantico, ad altre sperimentazioni.
Tra le Sonate, la 1° riprende in maniera evidente Rachmaninov: ottave, arpeggi e gesti tecnici funambolici, sempre al servizio della musicalità. Il brano si apre in modo maestoso, dando vita al tema che lo percorrerà, fino al termine. È una Sonata costituita da un solo “movimento” (“Mvt”). La 6° Sonata è decisamente più complessa, in quanto potentemente cacofonica e, al tempo stesso, ricca di pause/silenzi. Il tema principale viene ripreso nel 3° mvt, contribuendo alla creazione di atmosfere rarefatte, anche in conclusione dello stesso. La 7° è nota per il mvt finale, il celebre “precipitato”, che presenta caratteri analoghi alla musica jazz; si potrebbe ipotizzare un’influenza, ricevuta dal compositore, in materia di questo genere musicale.
Prokofiev ha composto ben 5 Concerti per pianoforte e orchestra.
Tra questi, il 3° è il più conosciuto ed eseguito. Si apre con strumenti a fiato, che introducono il tema. Per tutta l’Opera, della durata di circa 40 minuti, si coglie la natura percussiva del “pianismo” del russo. Ciò significa che sono presenti note ribattute, in modo ostinato; ma anche ottave roboanti e dissonanze che destabilizzano l’ascoltatore. Ciò si verifica, in modo particolare, nel ritmo riprodotto dalle nacchere, in chiusura del 1° mvt. Il tutto, tenendo presente che tale opera è stata realizzata in “Do Maggiore”: ciò pare paradossale, in ragione di quanto appena asserito. Il 1° mvt presenta anche attimi di armonia e serenità; prevale, sempre e comunque, una particolare cacofonia, a testimoniare l’adesione -da parte di Prokofiev- allo sperimentalismo di nuovi linguaggi. Viene richiesta, al pianista, la padronanza totale dello strumento, in ragione dei passaggi “acrobatici” che percorrono l’intero Concerto. Il 2° mvt inizia in modo meditativo, ma successivamente animato da delle ottave potenti, secondo ritmi decisamente sostenuti. Le mani si incrociano o si sovrappongono, in una spasmodica lotta tra melodie e rispettive “linee di canto”. Il mvt conclusivo include temi presumibilmente mutuati dal mondo della cultura russa, che si susseguono, presentando caratteri simili ai precedenti, e terminando in modo grandioso.
Si è deciso di trattare queste opere, in quanto comprensibili non solo ad esperti, ma anche ad ascoltatori e critici del mondo classico. Si discuterà di altre realtà, in ulteriori sedi, differenti dalla presente.
In ultima analisi, Prokofiev ha lasciato un testamento spirituale decisamente significativo: dal Romanticismo al Postromanticismo, fino alla musica del Novecento, potentemente percussiva -come già detto- e avente legami con atonalità e disarmonia.
Invito all’ascolto
- Concerto per pianoforte e orchestra, n.3 – Martha Argerich
Precedentemente citata, è considerata “leggendaria” poiché all’età di 80 anni, è in grado di eseguire questa ed altre opere in modo impeccabile e con una rapidità straordinaria.
- Sonata n. 1 – Yefim Bronfman
Pianista russo-israeliano, suona un repertorio prevalentemente francese, romantico (e, in quest’ultimo, russo).
- Sonata n. 6 – Evgeny Kissin
Citato in precedenza, suona tale brano appena adolescente. Stupisce il suo talento precoce, unito ad una prematura consapevolezza (fine anni Ottanta) della letteratura pianistica.
- Sonata n. 7 – Grigorij Sokolov
Tra i vincitori del Premio “Tchaikovskij”, è amato da molti e viene costantemente invitato alla “Sala Verdi” del Conservatorio di Milano. Stupiscono le sue interpretazioni di Chopin, Rachmaninov e Scriabin.
Fonte foto: “Britannica”