
L’educazione delle farfalle di Donato Carrisi
Questo romanzo – letto in pochi giorni e terminato ieri con somma soddisfazione – ha avuto il merito di riconciliarmi completamente con uno degli scrittori di thriller che più amo. Dopo la cocente delusione sperimentata per la trama surreale del «Gioco del suggeritore» (perfetto nelle prime cento pagine, quasi indigeribile nel prosieguo: il peggiore del buon Donato) e dopo l’irritazione provata per il finale della «Casa senza ricordi» (mille parentesi narrative aperte, nessuna chiusa), con «L’educazione delle farfalle» Carrisi è tornato ai livelli altissimi delle prove migliori. Lo colloco, senza esitazione, nella Top 5 dei suoi libri, assieme a «Il suggeritore», «L’ipotesi del male», «La ragazza nella nebbia» e «Io sono l’abisso». Anche se «L’educazione delle farfalle» contiene molti degli espedienti narrativi, delle atmosfere e dei temi cari al Nostro, ho trovato la sua scrittura e il modo stesso di narrare «diversi» e, per certi aspetti, più maturi. Oltre alla consueta discesa nelle tenebre – novello Caronte, Carrisi adora condurre i suoi lettori in luoghi oscuri e inesplorati – l’autore colora la sua prosa di accenti lirici e di elementi della tradizione favolistica e folclorica secondo una tecnica già adottata nella breve ma ispiratissima opera «La donna dei fiori di carta» (gioiello narrativo che consiglio ai lettori di ogni età). Siccome detesto gli spoiler e – da lettore curioso ed esigente – non apprezzo le recensioni che raccontano in modo particolareggiato la trama, mi limito a dire che «L’educazione delle farfalle» è la storia di una donna che vive un dramma (non vi rivelerò quale) che la cambierà per sempre. È stato per me deliziosamente sconcertante ed emotivamente appagante assistere alla sua metamorfosi e alle oscillazioni del suo io, lungo le 400 pagine e più della storia.