
Non è un semplice libro l’opera in questione ma un vero e proprio Romanzo, e non uno di quelli classici, contigui, ovvi o analoghi strutturalmente ma è una sorta di zibaldone che riesce a creare caos e tranquillità allo stesso momento. Un testo, insomma, che sa far risvegliare la parte più curiosa di noi.
Le fiere, gli incontri, le organizzazioni culturali hanno qualcosa di speciale: nonostante il tempo passi, sono destinate a restare nei nostri cuori come un viaggio di scoperta, di speranza, di curiosità, di conferme che, giorno dopo giorno, riescono a donarci quel profondo entusiasmo che ci fa brillare l’anima. Ma elementi, ancor più importanti, gli autori, che sanno riempire le nostre vite di inchiostro permanente. È il caso di Stefano Maiorano, poeta milanese che, nonostante la sua giovane età, con la sua penna, riesce a farci penetrare nel profondo del suo cuore fino a bucarlo.
Infatti è davvero riduttivo definire “Cuori Bucati” una semplice raccolta poetica perché è una storia, un romanzo, appunto, che si legge dalla prima all’ultima lacrima di inchiostro senza sprecare neanche un po’ di fiato.
Ma perché “Cuori bucati”?
Come lo stesso autore rilascia ai nostri microfoni spenti, il titolo non è stato ricercato ma nato da sé, al momento giusto e nello spazio giusto. È come avere tra le mani una bibbia consolatrice da consultare in qualsiasi momento della giornata e, regola per me importantissima: dimenticarsi dell’ordine cronologico, perché, come diceva il traduttore e filosofo Arthur Schopenhauer “La vita ed i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare”.
La particolarità di questo romanzo poetico è l’assenza di titoli che dà la sensazione di fluidità. Una zattera della medusa che salva l’anima del lettore. L’autore si paragona ad un trafficante di parole che si ritrova a viaggiare verso il vuoto e verso il tutto, forse alla costante ricerca di sé stesso. Fra le pagine bianche, forse momenti di silenzio o di allontanamento nell’intento e nella ricerca di capire, la poesia diviene un elemento al quale potersi confessare senza paura o timidezza perché essa non giudica, perché essa è libera, perché essa non possiede padroni. E dopo essersi perso nel buio, l’autore, che rappresenta il nostro alter ego, si ritrova in un mare burrascoso trovando la speranza, perché sì, non è mai facile volersi bene soprattutto con una consapevolezza nuova, ma bisogna lottare per riprendersi, ancora una volta, un’altra possibilità.
La particolarità di questo romanzo poetico è l’assenza di titoli che dà la sensazione di fluidità. Una zattera della medusa che salva l’anima del lettore. L’autore si paragona ad un trafficante di parole che si ritrova a viaggiare verso il vuoto e verso il tutto forse alla costante ricerca di sé stesso. Fra le pagine bianche, forse momenti di silenzio o di allontanamento nell’intento e nella ricerca di capire, la poesia diviene un elemento al quale potersi confessare senza paura o timidezza perché essa non giudica, perché essa è libera, perché essa non possiede padroni. E dopo essersi perso nel buio, l’autore, che rappresenta il nostro alter ego, si ritrova in un mare burrascoso trovando la speranza, perché sì, non è mai facile volersi bene soprattutto con una consapevolezza nuova, ma bisogna lottare per riprendersi, ancora una volta, un’altra possibilità.
La conclusione del percorso dona un pensiero motivazionale ad ogni lettore:
Non cercare la forza che ti cambia
è già nelle stanze della tua mente.
Perché siamo solo scheletri vestiti di ego e paure.
Una lettura che coinvolge tutti i sensi del lettore, un richiamo che trasporta, un profumo che risveglia, l’assenza che fa riflettere per ritrovarsi, un sentimento che a tratti pulsa – a tratti si pone domande alle quali non sempre riesce a trovarne risposte, luoghi che sembrano familiari ma tanto distanti, ricordi che chiedono di rivivere ma che solo l’abbandono ai sentimenti, forse, può davvero aiutare.