
“L’8 settembre 1943 segnò un tragico epilogo per i nostri soldati: da invasori, diventarono perseguitati e migliaia finirono nei campi di concentramento tedeschi.
Teatro degli scontri nella lotta antifascista fu soprattutto il Montenegro. […] Un paesaggio che sembrava aver forgiato il carattere forte della popolazione montenegrina. […] Questo paesaggio impervio e accidentato ha avuto un ruolo prezioso nell’azione di difesa del popolo montenegrino e della Divisione Garibaldi. La montagna, con le sue rocce appuntite che parevano in attesa di ferire qualsiasi creatura, seppe essere alleata dei partigiani, fornendo rifugio e postazioni ideali per colpire il nemico di sorpresa”.
Così inizia il capitolo dal titolo “Il bivio dopo l’8 settembre”, tratto dall’ultimo lavoro storico saggistico della scrittrice biellese Anna Raviglione, che riporta fedelmente i dialoghi che ha potuto avere con l’alpino Renato Colombo, già oltre il secolo di vita quando racconta la sua esperienza di soldato in Jugoslavia durante l’ultimo conflitto mondiale.
Si tratta di una narrazione forte e allo stesso tempo venata di una dolce nostalgia per i compagni con cui il protagonista visse un legame di amicizia mai dimenticato e nato in quegli anni lontani di sacrifici, fatiche e dolori, nel momento in cui Resistenza significò combattere al fianco dei nemici di qualche tempo prima, i montenegrini, contro quelli che erano stati gli alleati fino al 7 settembre del ‘43, i tedeschi del III Reich.
In quest’opera Raviglione utilizza una prosa chiara, adatta al rigore scientifico di un saggio storico, ma al contempo si percepisce la finezza e la sensibilità di chi sa muoversi con scioltezza nell’universo della parola poetica. Basta un passo per capirlo subito: “Un silenzio bianco avvolge la stanza. Nessuno di noi osa aggiungere parole. Stiamo rievocando episodi che hanno lacerato vite e sono ancora vividi fra le pieghe rugose della mente di Renato. La sua vista sempre più annebbiata dal tempo è ancora limpida quando rivolge lo sguardo a quegli anni. Tutto è lì, come se fosse accaduto ieri. […] Resti come di pietra, ma non perché dentro non stai male. Anzi, è il contrario: proprio perché soffri come un cane, le lacrime non sono sufficienti per sfogare il dolore e l’angoscia. Poi arriva lo spirito di sopravvivenza.”
Parole queste che mi riverberano dentro come quelle di Ungaretti delle poesie dell’Allegria, in particolare di “Sono una creatura” e di “Veglia”, in cui il poeta paragona il suo pianto a una pietra del S. Michele, perché “La morte/si sconta/vivendo” e di fronte alle atrocità della guerra confessa di non essere mai stato “tanto/attaccato alla vita”.
Questo libro di Raviglione, assieme al lavoro precedente di qualche anno fa “Soldato Salza Renato. L’eroismo e l’umiltà. La storia di un sopravvissuto alle campagne di Albania e di Russia”, rappresenta un’opera da leggere e da presentare alle generazioni più giovani, perché non vada mai dimenticata l’origine e il significato di parole per cui uomini come Renato Salza e Renato Colombo lottarono e sacrificarono anni della loro giovinezza: libertà e democrazia.
Sono davvero grata per questa recensione, la prima dopo l’uscita del libro. Donatella Rabiti ha saputo cogliere in modo limpido e profondo l’essenza di questo mio ultimo manoscritto. Grazie davvero con tutto il cuore.