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Il dio dei boschi
Febbraio 14, 2025Ho terminato ieri uno dei libri più osannati della passata stagione letteraria (recentemente i lettori di Goodreads lo hanno proclamato come miglior thriller dell’anno). Mi è piaciuto? Molto. Lo consiglierei a un pubblico eterogeneo? Sicuramente sì (non solo ai fan della crime fiction). Mi ha sedotto, incantato, rapito, inchiodato alle pagine? Uhm… a quest’ultimo interrogativo non so cosa rispondere. Forse più no che sì. Quasi tutte le recensioni che ho letto sul web dipingono «Il dio dei boschi» come la quintessenza del thriller mozzafiato: quel libro capace di catturarti fin dalle prime pagine e costringerti a una lettura compulsiva. Ecco, sotto questo punto di vista, il romanzo di Liz Moore si è rivelato completamente diverso dalle aspettative che mi ero creato. In nessuna sessione di lettura credo di essere andato oltre le trenta pagine consecutive. Non perché sia brutto o pesante – tutt’altro! – ma perché è più un libro da centellinare che da divorare. Anche se la scomparsa di una ragazzina (in circostanze a dir poco misteriose) innesca un meccanismo narrativo fatto di rivelazioni progressive, indagini investigative e colpi di scena, la prosa della Moore – elegante, raffinata, ma anche parecchio densa – non si presta a una lettura tanto vorace e immediata. L’autrice americana ama molto indugiare in descrizioni naturalistiche, in rappresentazioni di dinamiche familiari e conflitti sociali, in riflessioni di carattere morale, filosofico, antropologico. L’etichetta di «page-turner» è dunque abbastanza fuorviante (almeno a mia opinione) ed è anche piuttosto riduttiva in considerazione della qualità letteraria dell’opera. Leggerò senz’altro altri romanzi di questa scrittrice… e ora che so cosa devo aspettarmi ne ricaverò un piacere persino maggiore!