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Anna Achmatova, by Nathan Altman, 1914
Io crebbi in un silenzio arabescato,
in un’ariosa stanza del nuovo secolo.
Non mi era cara la voce dell’uomo,
ma comprendevo quella del vento.
Amavo la lappola e l’ortica,
e più di ogni altro un salice d’argento.
Riconoscente, lui visse con me
la vita intera, alitando di sogni
con i rami piangenti la mia insonnia.
Strana cosa, ora gli sopravvivo.
Lí sporge il ceppo, e con voci estranee
parlano di qualcosa gli altri salici
sotto quel cielo, sotto il nostro cielo.
Io taccio… come se fosse morto un fratello.
(Il Salice, 1940)
Anna Andreevna Gorenko, nome d’arte Anna Achmatova, fu la prima donna a divenire un classico della letteratura russa, grazie, oltre alla sua indiscussa capacità letteraria, all’immagine di femminilità affascinante e misteriosa che la distingueva. Era una donna alta e magra, con gambe lunghe e braccia sottili, con occhi chiari di colore grigio verde, un naso aquilino molto particolare che affascinò gli artisti dell’epoca. Caratterizzata da una sensibilità profonda ed unica, fu quindi una figura dominante, acuta ed imponente che scelse di essere chiamata “poeta”, non poetessa.
Nacque nel 1889 vicino ad Odessa, nel sud della Russia, da famiglia nobile: il padre ucraino lavorava come ingegnere navale, fu la terza di cinque figli e da molto piccola si trasferì con la famiglia nei pressi di Pietroburgo, tornando però a trascorrere le estati in Crimea, vicino al Mar Nero. Morì a Mosca nel 1966. Iniziò a comporre i suoi primi versi nel 1904 a soli quindici anni e ben presto, quando divenne poetessa ed iniziò a pubblicare le sue prime liriche, lasciò il cognome ucraino Gorenko a favore del nome della bisnonna tartara Achmatova, una principessa della raffinata aristocrazia che sposò un discendente di Gengis Khan. Questo avvenne principalmente perché il padre non voleva venisse infangato il proprio nome a causa delle poesie della figlia. Anna studiò il francese ed in seguito l’italiano per poter leggere Dante, il poeta che più amava e da cui fu ispirata. Di seguito una lirica sulla Musa che la veniva a trovare:
Quando la notte attendo il suo arrivo,
la vita sembra sia appesa a un filo.
Che cosa sono onori, libertà, giovinezza
di fronte all’ospite dolce
col flauto nella mano? Ed ecco è entrata.
Levato il velo, mi guarda attentamente.
Le chiedo: “Dettasti a Dante tu
le pagine dell’Inferno?” Risponde: “Io”.
(Musa, 1924)
La Achmatova fu la più grande voce poetica della Russia del Novecento, in quanto fu scrittrice molto prolifica che scrisse oltre 550 componimenti lirici di altissima qualità nell’intero corso della dolorosa e turbolenta storia russa del ‘900, perseverando nella scrittura di poesie che davano voce a sofferenze, anima e amori, pur correndo il rischio di essere sopraffatta e schiacciata dal regime politico russo.
Tutte le sue liriche furono composte in metrica ed in rima. Le sue prime opere sono intime e delicate, espresse con la cadenza di una preghiera, e presentano versi terreni, intimi ed incentrati sull’amore. Anna fece parte, a partire dal 1910, della corporazione dei poeti del gruppo Acmeista, fondato e guidato dal marito Nikolaij Gumilëv, lui stesso poeta noto ed affermato, grande viaggiatore ed aristocratico, fondatore di una rivista letteraria. Tale movimento letterario, che durò fino alla fine del secondo conflitto mondiale, si propose di rompere con il simbolismo e di abbracciare uno stile poetico più semplice, chiaro e conciso. Anna, nonostante un’infanzia decisamente selvaggia, libera e paganatrascorsa a lungo nel sud della Russia, divenne ben presto la poetessa di Pietroburgo, capitale dell’impero sfarzosa e sofisticata e che vantava una colta e ricca élite intellettuale. La Russia di inizio ‘900 era altamente contraddittoria in quanto da un lato estremamente arretrata nelle zone rurali, mentre era colta, elitaria ed aristocratica nella capitale. Su tale sfondo sociale e politico, la Achmatova sposò nel 1910 il poeta Nikolaij che per lunghi anni la corteggiò tentando pure il suicidio poiché lei sempre lo rifiutava. Alla fine Anna accondiscese al matrimonio più per sfinimento che per amore: si rivelò fin da subito un amore difficile, furioso ed infelice, caratterizzato da continui litigi e partenze del marito per lunghi viaggi. Nel 1912 ebbe un figlio, Lev, che divenne un famoso storico ed etnologo e fu più volte arrestato dal regime e rinchiuso in campi di detenzione e di lavoro forzato. Lev, cresciuto esclusivamente dalla nonna paterna, ebbe un rapporto molto conflittuale con la madre, da cui si era sempre sentito respinto. Le liriche dei primi anni della produzione letteraria della Achmatova possono essere definite “intime”, perché riguardano principalmente la sua vita privata ed affettiva, colma di turbolenze, infelicità, amori impossibili e furibondi, mariti traditori e gelosi. Il suo primo libro, intitolato “La sera” e pubblicato nel 1912, riscosse un enorme successo, fu recensito, tradotto, ebbe ben 13 ristampe e molte liriche vennero pubblicate su riviste internazionali.
Ho appreso a vivere semplice e saggia
a guardare il cielo, a pregare Iddio,
e a vagare a lungo innanzi sera,
per fiaccare un’inutile angoscia.
Quando nel fosso freme la lappola
e il sorbo giallo-rosso piega i grappoli,
compongo versi colmi di allegria
sulla vita caduca, caduca e bellissima.
Ritorno. Un gatto piumoso mi lecca
il palmo, fa le fusa più amoroso,
e un fuoco vivido divampa al lago
sulla torretta della segheria.
Solo di rado un grido di cicogna,
volata fino al tetto, squarcia il silenzio.
E se tu busserai alla mia porta,
mi sembra, non sentirò nemmeno
(Ho appreso a vivere, 1912)
Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.
O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell’acqua incantata,
e ti invii il regalo terribile
di un fazzoletto odoroso e fatale.
Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l’anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull’icona miracolosa
e sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.
(Ah, tu pensavi che anch’io fossi una, 1921)
Non perché il vento ululasse nel camino
non perché lo specchio fosse rotto
non perché nel pensiero di te
già si insinuasse qualche cosa di estraneo
non per quello, certo non per quello,
sulla soglia, io ho incontrato lui.
(Tradimento)
In seguito ai tragici eventi della storia, come lo scoppio della prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscevica, la voce poetica della Achmatova cambiò, divenendo rappresentativa di un intero popolo, la straordinaria testimonianza storica delle vicende del suo tempo, cariche di estrema sofferenza. La poetessa definisce l’anno 1914 la tragedia da cui non si uscirà più: “Invecchiammo di cent’anni/ e accadde nel corso di un’ora sola: /la breve estate volgeva alla fine,/ fumava il corpo delle piane arate”. Le sue liriche si fanno patriottiche, acquisendo una dimensione mistica, quasi religiosa, e la poetessa si fa portavoce di una missione, offrendosi a Dio in sacrificio per salvare la Russia. Con lo scoppio della rivoluzione bolscevica nel 1917 e della guerra civile del 1918, si vissero degli anni di vera disperazione e di spargimento di sangue per la nazione: “In quella casa devastata per sempre, / da cui si alzava uno stormo di versi bruciati”. Anna divorziò dal marito per sposarsi successivamente con un altro poeta. Nel 1921 scrisse altre due opere poetiche che ebbero un enorme successo; lo stesso anno l’ex marito Nikolaij venne fucilato ed in seguito il figlio Lev ed il secondo marito furono condannati alla detenzione nei gulag staliniani. Con l’instaurarsi di un regime di censura e terrore iniziò per la poetessa un lungo periodo di silenzio che durò quasi vent’anni, nonostante in privato continuasse a scrivere poesie critiche della Russia e delle vicende del suo tempo. Una ciclo di liriche politiche importante e significativo fu Requiem, composto negli anni della prigionia del figlio (1935-40) durante il regno assoluto di Stalin. In esso la poetessa racconta della sua lunga attesa di 300 ore davanti alla prigione con un pacco per il figlio Lev nelle mani, insieme ad altre donne, come lei devastate dal dolore.
In quegli anni la Achmatova si sentiva portavoce di un popolo, testimone di un mondo rozzo e crudele, mentre sopravviveva all’amarezza privata di tanti amori falliti, di una vita sciagurata, di solitudini. E, nonostante tutto, mai si trasferì o lasciò la Russia.
Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali…
fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi.
Ecco perché amate cosí cúpidi
me, nel mio peccato e nel mio male,
perché affidaste a me ciecamente
il migliore dei vostri figli;
perché nemmeno chiedeste di lui,
mai, e la mia casa vuota per sempre
velaste di fumose lodi.
E dicono: non ci si può fondere piú strettamente,
non si può amare piú perdutamente…
Come vuole l’ombra staccarsi dal corpo,
come vuole la carne separarsi dall’anima,
cosí io adesso voglio essere scordata.
(A molti, 1922)
All’inizio degli anni ‘30, con l’instaurarsi del regime di terrore, scriverà:
Il miele selvatico sa di libertà,
la polvere del raggio di sole,
la bocca verginale di viola,
e l’oro di nulla.
La reseda sa d’acqua,
e l’amore di mela,
ma noi abbiamo appreso per sempre
che il sangue sa solo di sangue…
(Il miele selvatico sa di libertà, 1933)
Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all’inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
a un Dio che non ci ha salvato.
(Ultimo brindisi, 1934)
E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.
Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.
Se no… Oltre la finestra
l’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta.
(La sentenza, 1939)
Nel 1941, con l’invasione della Germania nella seconda guerra mondiale, Anna fu evacuata in Asia e messa in salvo insieme ad altri artisti. Tornò a Leningrado nel 1945. Nel 1946 fu espulsa dall’Unione Scrittori Sovietici perché ingiustamente accusata di estetismo, disimpegno politico, ostilità al regime e considerata in modo sprezzante dal regime come un incrocio tra una monaca e una puttana. Malgrado ciò, la sua poesia resta testimone di un tempo di sofferenza e si mostra tenace, resiste.
Mi hai inventata. Una così sulla terra non c’è,
non può esserci. Non la guarirà un medico,
non la placherà un poeta: è l’ombra di un fantasma
che ti angoscia giorno e notte.
Ci incontrammo in un anno inconcepibile,
quando languiva l’energia del mondo,
tutto era lutto, tutto piegava sotto la sventura,
ed erano fresche soltanto le tombe.
Senza fanali, nereggiava come pece il flutto della Nevà,
una sorda notte si ergeva attorno come un muro…
Così, quando ti invocò la mia voce,
cosa facessi io stessa non capivo.
E tu venisti a me come guidato da una stella,
percorrendo un tragico autunno,
in quella casa devastata per sempre,
da cui si alzava uno stormo di versi bruciati.
(Mi hai inventata, 1956)
Nel 1955 venne infine riabilitata e ufficialmente riconosciuta: le fu possibile recarsi all’estero, in Italia, per ritirare un premio letterario, e successivamente ad Oxford, dove le fu conferita la laurea honoris causa nel ’65. La sua ultima opera, Poema senza eroe, alla quale lavorava da vent’anni e che racchiudeva il ricordo nostalgico del passato russo, venne pubblicata nel 1962.
E certo molte cose ancora
vogliono da me il loro canto.
Ciò che rintocca senza verbo,
ciò che scava nel buio la pietra sotterranea,
ciò che si apre una strada nel fumo.
E ancora non ho fatto i conti,
con la fiamma, col vento, coll’acqua…
Per questo nel dormiveglia
mi si aprono ad un tratto strane porte,
che mi indicano la stella mattutina.
(E certo molte cose ancora , 1962)
Bibliografia
Letteratura primaria
Anna Achmatova, La sera, 1912
Anna Achmatova, Il rosario,1914
Anna Achmatova, Lo stormo bianco, 1917
Anna Achmatova, Piantaggine, 1921
Anna Achmatova, Anno Domini MCMXXI,1922
Anna Achmatova, Il salice, 1940
Anna Achmatova, Da sei libri, 1940
Anna Achmatova, Il poema senza eroe, 1962
Anna Achmatova, La corsa del tempo. Liriche e poemi, a cura di Michele Colucci, Torino, Einaudi 1992
Letteratura secondaria
Margherita Belgiojoso, Là dove si inventano i sogni. Donne di Russia, Guarda editore, Milano, 2018
Rossana Kaminskij, Anna Achmatova, Biografia, Enciclopedia delle Donne, 2012
Lidija Cukovskaja, Incontri con Anna Achmatova 1938-41, Adelphi, Milano, 1990
Marina Migliavacca, Donne nella storia: Anna Achmatova, versi per resistere, IoDonna, aprile 2024
Melissa Pignatelli, Anna Achmatova, le radici ucraine di una poetessa russa, La Rivista Culturale, febbraio 2022
Paolo Ruffilli, Nove Poesie di Anna Andreevna Achmatova da “Il silenzio dell’amore”, lombradelleparole, rivista letteraria internazionale, dicembre 2014
Anna Achmatova, Biografia, Wikipedia
Anna Achmatova, Video di Alessandro Barbero sulla poetessa russa, e alcune poesie, dicembre 2020
Anna Achmatova, Tutte le poesie (1904-1966). Versione metrica, a cura di Bruno Osimo, Fondazione scuole civiche Milano, aprile 2021, Video
Le più belle poesie di Anna Achmatova, L’Altrove, Appunti di poesia, giugno 2021
Poesie di Anna Achmatova, Poesie d’Autore .it