Visti per voi. Le tre sorelle di Anton Checov.

Sharing is caring!

Un fascio di luce squarcia il buio della sala. Nella penombra si intravede sulla sinistra della scena un musicista alla consolle, da quella luce sempre più tagliente, al centro appaiono tre mani intrecciate. Danzano nell’aria, si stringono, fendono il nero del teatro a onde intermittenti. Sono le tre sorelle Masa Olga e Irina, le tre donne raccontate nell’opera di Checov.
La scena per l’allestimento al Teatro India di Roma è uno spazio aperto, con una tenda a fare da sfondo, ora casa, ora giardino, ora varco verso la libertà. Lampade di sfere luminose, un telefono, una radio, una sveglia sono gli oggetti che accompagnano le sorelle nella loro rivoluzione intima di cercare un senso alla vita, di fuggire dalla realtà provinciale in cui sono immerse, in quel “A Mosca, a Mosca, a Mosca!” che per intere generazioni di amanti della letteratura russa e della lettura in generale ha rappresentato lo sprone verso una vita migliore.
Sul palco Federica Dordei, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli si muovono scomposte, come le loro esistenze, parlano con voci amplificate per connettersi con un altrove che anelano, urlano per la disperazione, si gettano a terra, lottano tra di loro in un incastro di corpi. Non sono solo corpi femminili: nella lotta incarnano anche le voci degli uomini che amano o sposano per dovere, sono attraversate dai corpi del loro padre morto, dei giovani ufficiali Tuzenbach, Solënyj, Fedotik, Rodè, del colonnello Veršinin. Le tre sorelle parlano con le voci di questi uomini, si fanno medium o streghe, portavoce di ricordi che le riportano indietro nel tempo.
Un azzardo concentrare così tanti personaggi nelle tre sorelle in scena. Pur se accompagnate dal progetto musicale molto azzeccato di Lorenzo Tomio, il tono intimo e soffuso dell’opera di Checov viene abbandonato in favore di momenti troppo urlati, a tratti isterici, che faticano a fare breccia nello spettatore. Improvvisamente le tre sorelle sono aggredite da tic nella voce e nel corpo, si spostano a scatti, tremano, sembrano costruzioni artificiali, mentre nella scenografia cambiano le luci, si accende il telo a simulare l’incendio della casa che fa naufragare le speranze di tutti. Un’interpretazione agitata, una regia esagitata, che ha catturato la platea per la prima mezz’ora, ma che prolungata per un’ora e mezzo di rappresentazione ha finito per disorientare anche il pubblico più attento.
Nel frattempo, Masa Irina e Olga si disperano nel tentativo di scavalcare il mondo, di restituire un senso agli eventi che l’avrebbero chiuse per sempre nel provincialismo delle loro esistenze. Su tutto pende come spada di Damocle l’interrogativo che è al centro dell’opera di Checov: perché ricordare?

di Anton Čechov
regia Claudia Sorace
drammaturgia / suono Riccardo Fazi
con Federica Dordei, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli
musiche originali eseguite dal vivo Lorenzo Tomio
disegno scene Paola Villani
direzione tecnica e disegno luci Maria Elena Fusacchia
costumi Fiamma Benvignati
per INDEX Valentina Bertolino, Francesco Di Stefano, Silvia Parlani
ufficio stampa Marta Scandorza
coproduzione INDEX, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, TPE Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con AMAT & Teatri di Pesaro per Pesaro 2024. Capitale Italiana della Cultura
con il supporto di MiC – Ministero della Cultura

News Reporter
Andrea Mauri è nato nel 1966 a Roma. Lavora in Rai e si occupa dell’archivio multimediale presso Rai Teche. Ha pubblicato il romanzo mickeymouse03 (Alter Ego, 2016), due racconti lunghi nel libro L’ebreo venuto dalla nebbia (Scatole Parlanti, 2017), il romanzo Due secondi di troppo (Il Seme Bianco, 2018) e le raccolte di racconti “Contagiati” (Ensemble, 2019) e “Ragazzi chimici – Confessioni di chemsex” (Ensemble, 2020), quest’ultimo lavoro insieme ad Angela Infante. La recente sua pubblicazione è il romanzo Il passo dell’ombra (Affiori, 2024). Scrive racconti su antologie, riviste letterarie e blog.
Follow by Email
Instagram