Nuova intervista su teloracconto.blog
Dicembre 30, 2024https://www.teloracconto.blog/post/roberto-bartali-finalista-premio-nabokov-2023
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PERCHÉ È IMPORTANTE LA RICERCA SCIENTIFICA?
Le ragioni sono almeno tre. E la terza mi sembra la più importante. In primo luogo, realizzare applicazioni tecnologiche che migliorino la qualità della nostra vita. In secondo luogo per conoscere, poiché è sempre meglio sapere che non sapere. E questi sono i risultati della ricerca, ma c’è qualcosa di ancor più importante, cioè il processo. Dedicare parte della propria vita all’apprendimento o allo studio o alla ricerca rende la nostra vita migliore. Su questo abbiamo anche dati empirici. Gli studi del grande psicologo americano Mihály Csíkszentmihályi hanno mostrato l’importanza dell’esperienza del cosiddetto “flow” (flusso), cioè quello stato mentale in cui affrontiamo un compito non banale, ma neanche troppo difficile. Ma non è solo questo. Apprendere, ancor più che sapere, amplia il nostro senso di libertà, ci rende meno dogmatici e più tolleranti. Se il senso profondo della ricerca è il terzo, allora ne segue che:
1. La professionalizzazione degli studi proposta dal cosiddetto Processo di Bologna riguardante l’istruzione è perlomeno in parte sbagliato. Non si studia solo per trovare un lavoro, ma anche e forse soprattutto, per studiare.
2. La scelta di specializzare i saperi e parcellizzarli, tipica del mondo di oggi, è almeno in parte errata. Infatti, lo scopo non è solo conoscere il dettaglio, ma anche capire l’insieme. Capire l’insieme, che è un’attività tipicamente filosofica, è una “strana bestia”. Infatti, dopo che l’hai colto sembra banale, ma coglierlo è molto difficile, perché sfugge e si nasconde.
In conclusione, quale è il senso profondamente umano della vita di uno studioso? Certamente fare scoperte importanti. Ma questo capita a pochi. Invece è fondamentale creare e favorire situazioni in cui le persone studiano. Questa mission è ancora più importante in filosofia, dove non è così chiara – come nella scienza – la nozione di scoperta. Infatti, in filosofia le “grandi scoperte” sono soprattutto creazioni di nuovi modi di pensare. E questi hanno non solo un impatto positivo, poiché aiutano a sviluppare nuove argomentazioni, ma favoriscono anche pensiero unico, emuli, e improprie generalizzazioni. Si pensi a Hegel e David Lewis. Forse, parafrasando Giulio Preti, meglio essere un umile operaio della filosofia, che fa meno danni.
Domanda difficile. Prima di tutto, un chiarimento metafisico: quando si parla di libertà politica, ci si riferisce alla sensazione individuale di sentirsi liberi. Che poi questa sia o meno libero arbitrio è un’altra questione. Come dice Pettit, nel primo capitolo del suo capolavoro, Repubblicanism, in una società libera non devono esserci regole arbitrarie, cioè regole di cui non si conosce la ragione. Questa però è al massimo una condizione necessaria, ma non sufficiente. Occorre infatti comprendere in questo contesto che cosa sia una ragione. Una buona ragione per limitare la nostra libertà potrebbe essere che la nostra azione potrebbe limitare a sua volta la libertà di qualcun’altro. Ci stiamo muovendo in circolo. Occorre capire quando una regola è inutile, cioè quando essa limita insensatamente la libertà di qualcuno. Nel diritto privato, ci sono tante regole che servono a evitare che qualcuno persegua i propri interessi a danno di qualcun’altro. E questo va bene. Il diritto pubblico serve poi a tutelare la libertà di agire politicamente. E questo va bene. Poi, il diritto amministrativo regola i nostri comportamenti in relazione e all’interno della pubblica amministrazione. Le regole del diritto amministrativo tutelano l’interesse pubblico. Sarò brutale. L’interesse pubblico è una somma di libertà. La pubblica amministrazione gestisce delle possibilità di agire da parte dei cittadini, salute, istruzione, tasse e imposte in entrata e uscita, trasporti, ecc. Queste possibilità vanno gestite equamente, cioè garantendo a tutti e tutte pari opportunità e soddisfazione dei bisogni fondamentali. E qui si apre una questione fondamentale, che il grande Herbert Simon ha chiarito nel suo capolavoro The administrative behavior. Le regole amministrative non devono cercare la distribuzione OTTIMALE delle opportunità e del soddisfacimento dei bisogni, ALTRIMENTI ACCADE QUELLO CHE OGGI VEDIAMO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, CIOÈ IL PROLIFERARE DI REGOLE CHE AVREBBERO LO SCOPO DI CERCARE LA SOLUZIONE OTTIMALE E DI FATTO LIMITANO INUTILMENTE LA LIBERTÀ. Simon ha mostrato che nell’amministrazione perseguire l’ottimo è estremamente dispendioso, portando a ottenere il risultato opposto, cioè qualcosa non solo non ottimo, ma neanche soddisfacente. Il buon comportamento amministrativo stabilisce delle soglie negli obiettivi sotto le quali non si può andare. Qualsiasi comportamento che le soddisfa dovrebbe essere permesso, pena una inutile e dannosa limitazione delle nostre libertà.
Drappeggi neri, un telo nero a coprire il pianoforte, sedie nere accatastate sul fondo della scena. Si apre il sipario su un ambiente lugubre. L’attesa buia allerta i sensi su ciò che sta per accadere. Poi le luci si accendono su Daniele…
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Secondo l’ontologia funzionalista, la mente sarebbe rappresentabile completamente in termini computazionali, anche nei suoi aspetti qualitativi e intenzionali. Questo punto di vista è molto diffuso fra chi ha vissuto di riflesso la grande ondata cognitivista, da Wiener a Fodor. E la contro intuitività di questa tesi, messa in luce da Nagel con l’esempio della impossibilità di sapere che cosa si prova a essere un pipistrello e da Jackson con l’esempio di Mary, che sa tutto sul rosso, ma non lo ha mai visto e la prima volta che lo vede apprende qualcosa di nuovo non sono argomenti decisivi contro di essa. La serie TV Upload e diverse puntate di Black mirror presuppongono questa tesi, cioè che la mente umana possa stare in un hard disk. Aristotele non era d’accordo. Diceva che l’anima è la forma di uno specifico tipo di materia, cioè quella che è adatta a ospitarla. Neanche Searle é d’accordo. Egli pensa che solo quel particolare tipo di materia, che la biologia ha messo in luce, produce la soggettività animale e umana. Secondo me c’è un argomento epistemologico molto forte a favore di questa tesi. La nozione di computazione è un modello. Certo è un modello molto importante, legittimato dalla sua equivalenza con altre sei nozioni di calcolabilità, ma se lo usiamo per spiegare la psiche diventa un modello. Ritenere che un modello possa sostituire la realtà mi sembra un vero e proprio errore categoriale. La realtà della mente umana, che solo gli eliminativisti negano (Dennett, Churchland), non può essere rappresentata in modo completo da quella che in fondo non è altro che una teoria. Certo un’ottima teoria. Ma anche fosse la miglior teoria della mente umana non potrà mai essere completa. Questo non implica che la mente non possa essere qualcosa di diverso dal prodotto della biologia animale e umana, ma lo rende poco probabile. Questo punto di vista non è antimateriaista, ma è un materialismo diverso da quello proposto dal funzionalismo.
Caserta. Il vestibolo superiore della Reggia di Caserta, il suggestivo luogo dove si svolge la settima edizione della rassegna culturale Maestri alla Reggia, è sempre molto affollato quando sono ospiti i protagonisti del grande cinema italiano. Però, quando è il turno di Pierfrancesco…
Felice Soldano, con il suo libro Riconversione alla società post materialistica della pubblica felicità, ci offre una riflessione profonda e ambiziosa su una delle più grandi sfide del nostro tempo: come trasformare una società basata sul materialismo e sul consumo in una…
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In questo aureo libretto, uscito nel 1948, Dante Lattes, che diresse il Corriere Israelitico, discute una presa di posizione dell’augusto filosofo, che oltre a non capire un tubo di matematica – se ne vantava – e ad aver stabilito che la fisica è costituita da pseudo-concetti, cioè concetti non universali, ma di origine empirica, come quelli della tassonomia delle piante, mostra atteggiamenti schiettamente antisemiti. Nella prefazione a una raccolta di scritti di Cesare Merzagora, politico democristiano, antifascista e resistente, uscita credo nel 1946, Croce esprime l’orrore per le persecuzioni nazifasciste contro gli ebrei; e fin qui va bene. Poi dice tre cose, in un crescendo rossiniano di scempiaggini:
1. Gli italiani a differenza dei fascisti – mi risulta però che il secondo sia un sottoinsieme del primo; probabilmente Croce non sapendo di matematica, non se ne è reso conto – avrebbero sempre aiutato gli ebrei in questi tragici frangenti. Purtroppo è falso, anche se sono tanti i casi eroici di italiani che aiutano gli ebrei perseguitati, sono molto numerosi anche i casi contrari.
2. Gli ebrei perseguitati non devono chiedere ora allo Stato particolari privilegi, oltre al reintegro delle loro proprietà e cariche. Uno Stato che perseguita ingiustamente deve anche risarcire. Questo è ovvio. Oggi, ad esempio, lo Stato italiano spende milioni di euro per risarcire persone ingiustamente incarcerate.
3. Gli ebrei devono assimilarsi, così nessuno li perseguita più. Questa affermazione è il top della cretinata. Un conto è il fenomeno ampio degli ebrei italiani che dopo la Shoah hanno cercato di assimilarsi, un conto è chiedere a un popolo di sparire dalla faccia della Terra. Perché non lo chiediamo ai francesi, ai cinesi o ai cristiani? Veramente un’affermazione senza senso, che palesa una notevole miopia culturale.