Da una storia dimenticata d’amore e morte di fine Cinquecento prende forma il nucleo fondante di questo romanzo di Renzo Maltoni, scrittore raffinato che riesce a farci entrare dentro a situazioni a volte reali, a volte fantastiche, a volte spinte oltre il confine della metempsicosi e reincarnazione, senza peraltro mai dare una risposta definitiva ai dubbi e alle ipotesi che nascono nel lettore in seguito al dipanarsi ambiguo delle vicende narrate.
In “vacanze col fantasma” una coppia di amanti trascorre alcuni giorni di vacanza in un borgo toscano, in un vecchio convento trasformato in hotel. La gentilezza dell’addetta alla reception li conduce ad ascoltare il suo racconto su di un amore impossibile tra un monaco e una giovane contadina, vissuti secoli prima in quel luogo.
La dimensione temporale vira continuamente dal presente al passato, con incursioni di presenze non ben definite anche nel tempo trascorso dai due turisti amanti nella Toscana di oggi.
Bonifacio, figlio minore di una famiglia nobile del Cinquecento, è stato costretto a intraprendere la strada del convento. Ofelia è la ragazza che, un giorno, prende il posto del fratello per portare i prodotti agricoli al refettorio dei frati. Le pulsioni della forza naturale dell’attrazione fisica e amorosa avranno la meglio sui due ragazzi, superando la paura della punizione terrena e divina per aver trasgredito ai divieti imposti dalla separazione di classi sociali, che mai avrebbero permesso l’incontro tra una giovane contadina analfabeta e il figlio cadetto di una famiglia di alto rango, appena entrato come novizio in monastero.
Un breve passo del testo permette di capire con quale stile Maltoni sa creare un’atmosfera indefinita e reale allo stesso tempo:
“Caterina mi tiene per mano, in passeggiata. Osserviamo silenziosi, incantati dal passato che ancora sopravvive al presente. Finché li vedo, io solo, temo, due nobili cavalieri su bianchi destrieri, costumi bizzarri di velluti cesellati, damaschi, lampassi, cappelli piumati variamente colorati, mantelli con merletti e galloni ricamati. Una ragazza bionda come il grano, i calzari di legno, il corsetto bianco e scollato e la gonna fluida e grigia, attraversa la strada conducendo un somaro carico di due gerle di prodotti della terra. Le labbra rosse come ciliegie acerbe mi ricordano Ofelia, la contadina, anche se non l’ho mai conosciuta. E il giovane frate nel saio di tela grezza legata alla vita con un cordone, coi piedi scalzi, che le va incontro, ci giurerei, è Bonifacio.
E’ un attimo. In un battito di ciglia è tutto scomparso , come uno scherzo della mente. Davanti a noi una comitiva di giapponesi […]”
Nella seconda parte della narrazione subentra anche l’amore materno, generante dal cuore di due donne che in circostanze normali non si sarebbero neppure sfiorate con lo sguardo, ma che in seguito a una tragica vicenda sono unite dalla forza che ha dato e continua a dare la vita, senza che la morte possa scalfirla.
Una storia bella e tragica quella di Ofelia e Bonifacio, che assume i tratti universali degli amanti che in ogni tempo e luogo hanno sempre infranto le regole, per lasciare vivere l’amore che non si arrende di fronte agli ostacoli e ai divieti delle convenzioni sociali.
Posted on : Novembre 24, 2024
By
Donatella Rabiti
Una splendida recensione che accende la curiosità del lettore, riuscendo a condurlo nel cuore della narrazione.
Grazie, Anna!