Raramente recensisco film ma questa roba è più di un film, è un’esperienza di, mh, inabissamento. Il viaggio nell’inconscio di Clint sembra avere inizio da un abbraccio metaforico alla sua dimensione prenatale-incosciente (quindi dall’abbraccio al ventre di una donna incinta). Il mio primo riferimento specifico va allo psicoanalista e filosofo Hillman, il quale sostiene che il Super Io non può guarire l’Es, che la coscienza non può guarire l’inconscio, perché dotati di una natura tra loro troppo dissimile: ecco, questo concetto mi sembra ben delineato all’inizio del film, quando Clint vede se stesso riflesso nell’acqua – nella presente scena, il suo “io riflesso” rimprovera il suo ”io che si riflette”, utilizzando il linguaggio severo, critico e autoritario tipico di un padre introiettato (la coscienza morale del Super Io?) … e tuttavia, quel rimprovero non sembra affatto condizionare positivamente l’agitazione irriducibile del suo Es. Anzi: il rimprovero del Super Io sembra solo aumentarne l’agitazione. Pertanto l’idea che il simile curi il simile, di Hillman, non giungerebbe poi così invero(simile). Il film mi appare come un inconscio che vaga all’interno di se stesso, passando da un onirismo all’altro, senza avvalersi né del parametro spaziale (e lo si evidenzia dal cambio repentino di luoghi fisicamente distanti) né del parametro temporale (lui che è bambino e adulto, suo padre che si mostra morto e non morto contemporaneamente). I redentori interni del protagonista gli rivolgono parole che vanno da un estremo all’altro, dall’egoismo alla santità, come a sottolineare che forse il tormento proviene da un tendere-verso un ideale etico troppo, troppo elevato. Verso la fine, quando si ritrova davanti a quello che parrebbe essere il Clint bambino, sfila gli occhiali al bambino e li indossa: la scena mi indica che l’adulto inizia a vederci meglio quando recupera/riconosce la visione del suo Sé bambino. Come se si dicesse: “Ti ricordi come vedevi il mondo da bambino?” (…)
Ed è solamente recuperando l’ingenuità del bambino, che è anche la coscienza morale ancora in formazione, che il Clint adulto si permette finalmente di danzare senza sentirsi in colpa… pur nella consapevolezza di essere un peccatore.
Regia di Abel Ferrara, 2020