“Nel pomeriggio, i rami degli enormi castagni del boschetto disegnavano figure geometriche delicate contro il cielo di ottobre. Autentiche opere d’arte tracciate dalle braccia del bosco, mentre la musica dei passerotti in sottofondo riempiva i timpani di canti cristallini. Nell’aria fluttuavano le ali, facevano gli slalom sopra le foglie schizzate dall’oro del vicino inverno e si libravano in voli leggeri sopra le chiome di quei grandi amici vermigli.” Queste poche righe tratte da “La ragazza del ‘99” sono un esempio dello stile narrativo della scrittrice Anna Raviglione, che ha la capacità di raccontare e scrivere con una prosa che è al contempo razionale e lirica, sapendo costruire un discorso coerente e coeso per i continui riferimenti alle fonti storiche e bibliografiche che sono state esaminate, senza però tralasciare mai di delineare la bellezza della natura, la complessità dell’aspetto umano, l’imponderabile del caso in cui sono immerse le vicende descritte.
Una storia tutta al femminile quella che l’autrice traccia con delicatezza e maestria narrativa in questo suo ultimo lavoro, che presenta i caratteri sia del romanzo sia del saggio sociologico, unendo il meglio di entrambe le scritture. La ragazza del ‘99 è la nonna dell’autrice, all’anagrafe Pierina, ma soprannominata Angiolina e per tutti i nipoti “la nonna sprint”.
Sono tanti gli avvenimenti, gli incontri, le vicissitudini felici e tristi che entrano nella vita della protagonista. E’ una donna forte, libera e indipendente, nata nel 1899 in una vallata del biellese, ultima di dodici fratelli, che conosce fin da piccola in famiglia il significato più autentico di rispetto e parità di genere, vedendo l’aiuto domestico reciproco tra i suoi genitori. A questo proposito Raviglione mette in evidenza l’esistenza di un documento storico molto importante, il cosiddetto “patto della montagna”, firmato in una trattoria del comune di Selve Marconi, da delegati di industriali lanieri, da sindacalisti degli operai e da alcuni partigiani, in una mattina del gennaio del 1945 in piena occupazione nazifascista. Tale accordo, quando ancora non esisteva una legislazione sociale in tal senso, considerava la parità di salario tra uomini e donne un principio inderogabile.
Anche personaggi famosi come Fred Buscaglione, parente di nonna Angiolina, Ernest Hemingway, che aveva incontrato il suo ultimo grande amore in Italia, diventano i protagonisti dei racconti che hanno riempito l’infanzia della piccola Anna.
Quello che più colpisce in questa storia è l’idea di serenità, equilibrio interiore, amore per la vita che Angiolina ha sempre trasmesso a chi le è stato accanto, soprattutto ai nipoti, nonostante i dolori grandi che non l’hanno risparmiata negli affetti più importanti. La nipote Anna ha conservato i ricordi dei racconti orali, delle immagini e delle lettere che le ha regalato una nonna veramente super, e ora ne ha fatto dono a noi lettori attraverso questo libro. Leggendolo si ha sensazione di ascoltare il racconto direttamente dalla voce squillante e allegra di Angiolina.
Bellezza (con la maiuscola) come raggiungimento della piena realizzazione del proprio essere, del proprio io, attraverso una relazione costruttiva, fatta di amore e rispetto, con il mondo e i propri simili. E’ questa la parola che potrebbe permeare, a mio parere, tutta la narrazione dell’esistenza di questa donna straordinaria, nonna Angiolina.