(KUR ÇELIN ZAMBAKËT, titolo originale in albanese)
Sulle note di questi delicati gigli rossi su sfondo nero, la scrittrice e traduttrice albanese, Angela Kosta, ci presenta quest’opera dell’autore albanese originario di Valona, lo scrittore e poeta Eqerem Canaj.
L’opera è stata di recente pubblicata in Italia dalla Casa Editrice CTL TROVATELLI – LIVORNO.
“QUANDO FIORISCONO I GIGLI” denota ai lettori con una vasta scrittura che tratta tematiche ed attualità appartenenti al passato e al futuro, presenti in ogni singolo giorno, penetrando dritti al cuore. Tramite i suoi meravigliosi versi, l’autore albanese Canaj, ci trasporta in un mondo del tutto diverso da quello italiano, esaminando materie che appartengono ad una generazione con vicissitudini, di un popolo intero che affronta, raccoglie, cresce e matura negli anni, negli secoli. Canaj tinge la sua penna con tanta nostalgia, componendo versi ricchi con metafore piene e miste di gioia, tristezza non solo del decorso ma del presente, di quell’ieri, appartenente ad un periodo lontano, ormai fuori dalla realtà e dal tempo stesso, dato che il mondo, le abitudini, le circostanze sono cambiate notevolmente. Questo lo notiamo esplicitamente nei suoi versi, abbondanti di patriottismo, in alcuni è possibile ripercorrere ciò che avviene durante il suo percorso d’infanzia, dell’adolescenza, della gioventù, fino a toccare l’apice del suo “essere”, quell’ “io” che chiede un perché” di questo scorrere frettoloso degli anni, dell’abbandono totale in piena solitudine verso se stessi. Attraverso la penna di Canaj, il lettore può esplorare il mondo sociale dei giovani d’oggi, alcuni dei quali senza l’ambizione di trovare la forza per cambiare il destino di un paese che offre pochissimo, e trovare la strada più facile: di fuggire all’estero sapendo comunque, un giorno, di fare ritorno. A tutto questo panorama, Canaj, rimane comunque senza ricevere una singola risposta, come tutti noi altri del resto. Tramite i suoi versi fluidi, l’illustre autore ci conduce, ci insegna e ci guida a comprendere che il karma esiste, a volte non facendoci caso oppure evitandolo in un attimo (carpe diem) evitandolo, lasciandolo persino in disparte, sigillandolo all’interno del nostro inconscio, incapaci ad essergli grati, poiché rimane persistente, tenace, fermo, muto giorno dopo giorno, finché arriva il momento durante il quale emerge, a volte invisibilmente ed improvvisamente, dominando in sé e per sé, presentandoci il conto di tutto ciò che abbiamo vissuto e trascorso nella vita, con le nostre azioni, i nostri voleri ed averi. Questo, l’autore Canaj lo possiede miracolosamente nel suo essere e, pur scrivendo di sé, ci aiuta a riflettere sulla vita: Essa non è altro che un flash, dove tutto passa in un batter d’occhio. Tutto questo, il poeta lo presenta al suo pubblico, nei suoi versi con grande maestria, unica direi, nel suo genere. Nelle poesie dell’autore mostra il Nirvana diversamente da quello che conosciamo, non “spento”, non in letargo della coscienza e dei nostri sentimenti, poiché, ciò, si insinua in tanti versi melanconici e a volte sconfortanti per gli anni che passano in fretta, per tutto ciò che lasciamo indietro, ma che teniamo ben custoditi nello scrigno dei nostri preziosi ricordi, come i primi baci d’amore, i sorrisi dei nostri genitori che, non avendo niente in dispensa, possedevano la bontà nell’anima, trasmettendo tanto affetto, come i mocassini legati a fili di ferro che facevano apparire una persona più scalza che calza, questo, molto incomprensibile per la generazione attuale. Questo perché la nuova era ha un’uniformità diversa riguardo all’abbondanza. Alla fine, Canaj, ci fa imbattere nel raggiungimento dell’età avanzata: l’anzianità. Essa, complessa nella sua piena solitudine, rispecchia tutto questo percorso meticolosamente. L’autore ci porta in un mondo interiore a volte nubiloso, trovandosi nel piazzale della vita, osservando i dintorni del suo paese, ascoltando attentamente quel silenzio assordante, non avendo più amici con i quali parlare, questo perché tutti immigrati o deceduti. Ma, aldilà di tutto ciò, il poeta del paese delle aquile e delle rocce, ci porta attraverso i suoi versi in un’enorme oasi d’amore universale, dove primeggia la natura, il voler bene per il prossimo, l’amore per la terra stessa, la sua amata patria gloriosa ed orgogliosa e… ci fermiamo un attimo qui… l’autore ci lascia descrizioni incantevoli, portandoci in antichi castelli dove ancora oggi si ricorda la gloria di un popolo intero, che ha affrontato e combattuto proteggendo con la stessa vita e lo stesso sangue l’ideale della libertà, il desiderio di non sottomettersi all’usurpatore, (tanti nei secoli) sopravvivendo alla dittatura, agli elementi della natura, quali il terremoto, gli alluvioni, convocando l’Onnipotente a postulare “perché tutto ciò deve succedere?!”.
Nulla sfugge alla visuale del nostro autore che scavalca con completezza ogni particolare di ciò che viviamo, scontriamo, subiamo quotidianamente, ove i problemi familiari e quelli sociali indugiando nelle radici, nei costumi, nelle tradizioni, nei valori bellici, oltrepassando e soffermandosi nella bellezza selvaggia del mare del sud dell’Albania, citando più volte il suo paese nativo. Eqerem Canaj (questo dovuto anche alla sua ricca esperienza personale ed alla sua formazione), contempla e racchiude nell’opera tutta la prospettiva della vita, come un cerchio, ripercuotendolo a fondo, affiorando la parte migliore che esso offrendoci, inviandoci, un esemplare messaggio: tutta la ricchezza materiale si moltiplica a zero dinnanzi a quella interiore.
Buona lettura a tutti i lettori di questo straordinario libro!