Ancor oggi, nei dipartimenti di filosofia italiani, si insegna a essere Filosofi.
Il filosofo sarebbe una sorta di monade che produce pensiero autonomo e individuale. Punto di riferimento per le giovani generazioni e per il grande pubblico.
Il filosofo sentenzia, assevera, in un linguaggio arcano e impervio.
Il filosofo ha una sua filosofia, che compete con quellle degli altri Filosofi nell’agone della manipolazione delle giovani menti e degli insipienti.
Anche a me è stato insegnato a fare il Filosofo. E per fortuna, un po’ alla volta ho appreso a fare filosofia, che è tutta un’altra attività.
Giustamente Garin nell’ultimo volume delle sue Cronache di filosofia italiana, ironizzava su questa figura, che, spesso per opportunismo accademico o mediatico, cambiava casacca. Uno degli esempi più esilaranti è quello di Ugo Spirito, che è stato idealista, positivista, marxista, ecc.
La filosofia, come qualsiasi altra attività che vuole essere scientifica, è condivisione, argomentazione, chiarezza, lavoro collettivo e pubblico.
Oggi, per fortuna, mediante internet, siti come la Stanford Encyclopedia of Philosophy, i corsi on Line delle università anglosassoni, i voli low cost ecc., i nostri giovani più brillanti possono facilmente affrancarsi da questa mefitica atmosfera. Purtroppo poi fuggono e restano fuori dall’Italia.
Per contro, i Filosofi continuano a infestare il dibattito pubblico, degradandolo a chiacchiera oracolare, influenzando negativamente il modo di ragionare di tante persone.
Chissà perché i Filosofi italiani sono quasi del tutto sconosciuti nei centri di eccellenza filosofici, da Pittsburgh a Oxford, da Western Ontario a Monaco, mentre chi fa filosofia è di casa in questi istituti di ricerca e didattica.