Ho sempre ritenuto necessario far cenno di un profilo di critica letteraria nel contesto dello studio di un autore; credo sia necessario far comprendere che il testo è qualcosa di vivo, pronto a risuonare, volare oltre le pagine del manuale e dell’analisi del testo già confezionata, seppure ben condotta. Conoscere le voci dei critici può aiutare a capire, a trovare sfumature e sollecitazioni, innescare un’ulteriore riflessione che parte da dentro verso fuori e non viceversa. Così, mentre leggiamo le ottave del primo canto dell’Orlando Furioso, vi suggerisco qualche brano di Momigliano, da questo saggio che accorda soavità e profondità psicologica nel guardare alle sfumature delle dinamiche d’amore tanto “antiche” da essere moderne e contemporanee. Tutto è fuga e desiderio, e perciò rimpianto, disperata corsa per raggiungere un fantasma fatto di carne e sangue. Angelica è tutta nel primo canto: spaventata, serena, scaltra e beffarda, lei che tutti ha in sdegno, ottiene dal mondo la resa opposta: tutti le sono ai piedi, incantati, quasi smagati dal mistero della carne che si fa sogno e vapore. All’ouverture di Angelica corrisponde il suono malinconico e già nervoso di Orlando. Pare di vedere in lei, reincarnato, il simulacro di Elena, immagine ideale e pertanto irraggiungibile, o la possibilità del femminino duplice, di essere “Afrodite e Nemesi”, come la pensò Kerenij.
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