‘Cambiare l’acqua ai fiori’ di Valérie Perrin non pensavo mi sarebbe piaciuto così tanto. Le premesse in realtà sono perfette per me: Violette fa la guardiana del cimitero in un paesino della Borgogna, tiene compagnia ai parenti e alle conoscenze dei defunti accogliendoli nella sua casa tra una tazza di tè e l’altra. Annota su un quaderno le parole delle cerimonie funebri cui assiste, conosce a memoria tutti gli abitanti di quel mondo altro a cui lei fa la guardia e di cui si prende cura.
La cosa che più mi ha colpito è stata la delicatezza di questo romanzo. Violette è un ponte tra chi è ancora in vita e chi non lo è più, si occupa di realizzare ultime volontà e di adottare i gatti che vanno a trovare i propri padroni sulle loro tombe. L’atmosfera del cimitero non è mai inquietante, è un luogo che grazie a Violette e gli altri che ci lavorano e diventano un po’ la sua famiglia rimane sempre vivo, sorretto dai ricordi, dalle parole, dalle visite e dai fiori che la donna vende nella propria casetta.
Inizialmente pensavo fosse una storia d’amore, e lo è, ma come le migliori storie d’amore è un amore declinato in mille sfaccettature: il legame indissolubile che ci lega a chi non è più con noi; l’affetto verso persone sconosciute con cui però qualcosa abbiamo in comune; la passione che c’è tra due amanti che decidono, in barba alle rispettive famiglie, di essere sepolti insieme, finalmente uniti. Nonostante il tema è un libro ricco di vita, che parla di nuovi inizi che sbocciano come la primavera, di cambiamenti a cui ci si deve adattare nel miglior modo possibile, come fanno i fiori quando vengono trapiantati.
È un libro veramente dolce che mi ha stupito e mi ha scaldato tanto il cuore.