Non voglio esagerare, ma questo libro è davvero maestoso.
È una storia di auto-fiction con elementi weird e di realismo magico, che a me di solito non piace e invece qui è perfetto. Camila, alter ego dell’autrice, è una donna transessuale che lavora come prostituta in un parco di Cordoba, vicino a Buenos Aires. Vive con altre donne che, come lei, hanno abbandonato la loro vita di un tempo per realizzare ciò che sono veramente scegliendo la loro famiglia. La storia è estremamente cruda e dolorosa, morbosa nel descrivere la violenza cui sono sottoposte e le difficoltà che subiscono nella loro vita quotidiana; allo stesso tempo, le personagge sono dalla prima all’ultima persone vere, che escono dalla carta, complice il fatto che molto probabilmente è quasi tutto vissuto reale dell’autrice, omonima alla sua protagonista. Tra le donne che incontriamo c’è la matriarca del gruppo, Zia Encarna, che un giorno trova un neonato abbandonato che risveglia in lei quella maternità che purtroppo la vita le ha sempre impedito di realizzare; Maria, ragazza dolcissima che, a un certo punto, si trasformerà in un uccellino, mentre un’altra sua compagna in realtà è un licantropo e tutte devono badare a lei nelle notti di luna piena. Alcune ragazze purtroppo vengono uccise, perché anche la più magica fantasia non riesce a tenere testa alla dura realtà.
La cosa che però più mi piace di questo libro è il successo che ha avuto: finalmente una donna transessuale sudamericana con una voce estremamente potente che dirompe nel mondo della letteratura dei maschi bianchi cishet. Spero quindi che parlarne possa far interessare più persone possibili a questa lettura e possa aprire la porta ad altre autrici che probabilmente vengono marginalizzate dalla nostra società occidentale eteronormata.