Hitchcock ed Herrmann:
Psycho e quei 45 secondi intramontabili
Nell’arco della storia del cinema molti grandi registi hanno molto spesso collaborato con compositori, i quali diedero un contributo importante nelle pellicole appartenenti alla settima arte: Fellini e Rota, Spielberg e Williams….., nell’attualità Nolan e Hans Zimmer. Un contributo altrettanto importante nella storia del cinema sta nella collaborazione tra il regista inglese Alfred Hitchcock ed il compositore americano Bernard Herrmann dal 1955 al 1964 attraverso i seguenti film: La congiura degli innocenti, L’uomo che sapeva troppo, il Ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Psycho, Gli Uccelli e Marnie. Negli esempi appena citati tra registi e compositori la musica accompagna, commenta, rende la scena con maggiore smalto, vuole esprimere cio’ che le sole immagini non riescono a raccontare. Nella musica di Herrmann per i film di Hitchcock accade qualcosa di diverso, speciale e profondo. Quello che si verifica non è solo un semplice accompagnamento o commento ad una scena che si accosta perfettamente alle immagini, ma c’è di più, c’è veramente molto di più. La musica entra nel linguaggio filmico negli strati anche più sottili, nel colore, nella fotografia, nelle inquadrature, nei movimenti della cinepresa, nella messa in scena, nella recitazione, e nelle micro espressioni dei personaggi. Un esempio lampante è la famosissima scena della doccia tratta dal film “Psycho” (1960), entrata totalmente nel nostro immaginario collettivo. Quei suoni acuti e stridenti degli archi nel momento dell’assassinio evocano senz’altro le urla della donna (Marion Crane) ma anche l’accelerazione del suo battito cardiaco, nella parte conclusiva della scena dopo che Marion ha subìto una serie di brutali accoltellate si accascia lentamente a terra aggrappandosi alla tendina della doccia per poi cadere definitivamente con i suoi ultimi soffi vitali. Tale sequenza senza quella musica non avrebbe avuto, molto probabilmente, lo stesso impatto emotivo sul pubblico dell’epoca, ma Herrmann enfatizza e amplia quello che è già presente nella scena, il suono della doccia, le urla, e gli ultimi respiri di Marion. Ossia dal punto di vista cinematografico (montaggio, inquadrature…) la scena funziona già perfettamente perché Hitchcock, arrivando dal cinema muto, desiderava raccontare tutto sfruttando al massimo il potere e la forza espressiva dell’immagine attraverso un linguaggio filmico visivo. Di conseguenza si può dedurre che Herrmann non crea un mondo sonoro sulle immagini ma si addentra ad esse estrapolando un linguaggio sonoro che altrimenti sarebbe stato invisibile e nascosto ma esistente.
Matteo Monico