Sono finalmente riuscito a vedere Rapito di Bellocchio. Il film racconta il caso Mortara.
Una inserviente a Bologna vedendo il piccolo ebreo Edgardo in cattiva salute e pensando che sia in fin di vita lo battezza informalmente. L’inquisizione viene a sapere di questo e strappa Edgardo alla famiglia. Il piccolo di 7 anni viene portato a Roma, messo sotto la protezione di Pio IX ed educato come cattolico, tanto che si farà prete, non vorrà tornare mai alla sua famiglia di origine ebrea osservante e si sentirà grato tutta la vita del trattamento ricevuto.
Il film è molto bello e amarissimo. Mette in luce come è facile violare la libertà delle menti giovani, inculcando non il desiderio di capire, la libertà da pregiudizi e lo spirito di ricerca, ma dei dogmi. E questo non vale solo per la Chiesa, l’Inquisizione e il Papa, ma anche per la famiglia Mortara.
Certo nella vicenda è la Chiesa che commette l’orrendo crimine di strappare un bambino alla propria famiglia sulla base di una sciocca superstizione, ma anche la vita nella famiglia Mortara di Edgardo sarebbe stata piena di inutili dogmi.
La religione e Dio stesso non sono delle credenze cieche e irrazionali, ma una ricerca. E ognuno di noi ha il diritto di non essere inculcato di dogmi, ma di crescere libero nello spirito di indagine e conoscenza.
Che poi ognuno di noi ha i suoi riti e i suoi miti, compresi quelli di tutte le religioni del mondo e degli atei e degli agnostici, non c’è nulla di male. Fanno parte della nostra fragilità, del nostro bisogno di sentirci uniti agli altri, di partecipare. Tuttavia quando questi riti e questi miti diventano dogmi sono guai per tutti.