Checché ne dicano tanti idealisti di vario tipo, ogni tanto noi incappiamo nella realtà. Accade, cioè, che capiamo che qualcosa è come è. Ad esempio, quando ci accorgiamo che il nostro bambino è portatore di una grave malattia genetica, oppure quando il battesimo forzato di una bambina per evitare le persecuzioni razziali diventa una conversione religiosa.
Qual’è il nostro atteggiamento di fronte ai fatti?
C’è una visione banalmente superstiziosa, secondo cui essi sarebbero la manifestazione di una volontà altra da noi.
C’è una visione banalmente atea, secondo cui essi sarebbero realtà bruta e fortuita.
C’è una visione autenticamente religiosa, secondo cui essi non sono fatti morali, ma fatti nomologici, cioè elementi di un mondo altro da noi, misterioso, ma non privo di senso, strutturato e forse in parte casuale, ordinato e imprevedibile, ma sempre meritevole di essere indagato.
Questa è la religiosità di Democrito e Plotino, di Spinoza e Einstein.