Se mi chiedessero, qual è lo scopo della tua vita? Risponderei: favorire nelle persone il vissuto della comprensione.
Si potrebbe obbiettare che avere il vissuto della comprensione non è il segno sicuro che si abbia capito. Vero, però, come ci ricorda Platone nel Timeo, la comprensione vera è un sentimento che più indaghi, più si rafforza, mentre quella apparente si comporta in modo contrario. Certo, anche questo criterio non è del tutto sicuro, ma funziona abbastanza.
Per farlo, devo provare anche io a capire.
È una cosa utile, perché non solo capire è piacevole, ma spesso anche serve in pratica.
È una forma di solidarietà.
Capire non fa male alla salute.
Certo, capire può portare alla tristezza dovuta al disincanto, ma capire amplia anche la nostra libertà.
Capire è una forma di religione, perché consente di afferrare frammenti di ciò che ci trascende.
Galilei diceva che la Bibbia ci dice come si va in cielo, mentre il libro della natura, scritto in caratteri matematici, ci dice come va il cielo.
La natura non è un libro e non è scritta in caratteri matematici. Però certo la matematica è un potente linguaggio per capirla. E, soprattutto, capendo come va il cielo, è come se lo si sfiorasse con un dito.