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Soffermandomi sui vari social considero che, tra autori in corsa e aspiranti tali, la propensione alla scrittura è la tendenza che va per la maggiore, scrivere si rivela un’esigenza. Ma cos’è questa smania di scrivere? Non è forse la lettura “il più bel passatempo mai escogitato per l’umanità?” Quindi perché molti scrittori e pochi lettori?

Per chi insegue il sogno di poter vivere scrivendo, scrittura e lettura dovrebbero procedere di pari passo, eppure si ha sempre meno tempo per leggere, mentre lievita l’esigenza di scrivere.

In questo gioco del vizio si trascura quell’unica verità, che si trova alla base di ogni buona scrittura: per saper scrivere bisogna prima saper leggere e… leggere, leggere, leggere! Bene e a fondo… Un uomo non può scrivere bene se non è anche un buon lettore, sosteneva Clement Marot.

Perché scrittura e lettura coltivano lo stesso interesse, quello per la lingua, alimentata da una fatica, che ne determina la preparazione.

Tuttavia, se i motivi che spingono a scrivere sono molteplici, come dare sfogo all’immaginazione, l’urgenza di raccontare/raccontarsi, condividere emozioni ed esperienze, esprimere ciò che si ha dentro, quelli a sostegno del leggere sono altrettanto motivanti.

Per diventare bravi scrittori serve quel lavoro maniacale, spossante, in grado di battere e ribattere su concetti che, se pur apparentemente a portata di mano, devono per obbligo passare e ripassare sotto quel torchio linguistico fatto di grammatica e stilistica: la prima, con norme e obblighi, è la scienza di quello che uno scrittore non può fare; la seconda, invece, con la sua analisi e interpretazione, è la scienza di quello che uno scrittore può fare, come insegna uno dei padri fondatori dell’analisi testuale, Pierre Guiraud.

Anche se poi saranno sempre le norme grammaticali a rendere possibile gli usi stilistici.

L’idea è ben resa da Primo Levi, in “L’opera”:

Ecco, è finito: non si tocca più.

Quanto mi pesa la penna in mano!

Era così leggera poco prima,

Viva come l’argento vivo:

Non avevo che da seguirla,

Lei mi guidava la mano

Come un veggente che guidi un cieco,

Come una dama che ti guidi a danza.

Ora basta, il lavoro è finito,

Rifinito, sferico.

Se gli togliessi ancora una parola

Sarebbe un buco che trasuda siero.

Se una ne aggiungessi

Sporgerebbe come una brutta verruca.

Se una ne cambiassi stonerebbe

Come un cane che latri in un concerto.

Che fare, adesso? Come staccarsene?

Ad ogni opera nata muori un poco.

Il vero nemico della scrittura è la superficialità, la negligenza, la propensione ad andare avanti con quell’urgenza imposta dal desiderio di finire il prima possibile: nihil obstat, il testo è pronto!

Soprassedendo allo sforzo quotidiano che la scrittura comporta, trascurando la lettura e quindi il linguaggio, si rischia di bruciare al falò delle vanità quello che è stato costruito fino a quel momento; il piacere della cosa levigata, ben fatta, come insegna Primo Levi, ricompensa sempre, e questo vale per tutti i mestieri, non solo per lo scrittore.

Savina Trapani

News Reporter
Dal 2017 sono la curatrice del lit-blog Into The Read, dedicato all'editoria con con recensioni, consigli di lettura, analisi delle trame, scrittori e interviste. Collaboro con Il Giornale Letterario del Premio Nabokov da febbraio 2023. Inoltre, sono correttore di bozze con certificazione professionale.
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