Prima le critiche.
A volte il saggio è fortemente congetturale senza una sufficiente argomentazione, come per le ipotesi sulla grande figura di Ipparco.
Essendo io un realista scientifico, non credo che scopo della scienza sia salvare i fenomeni, ma quello di provare a ipotizzare come stanno le cose.
L’analogia fra il tracollo culturale e i nostri tempi è solo parziale. Certamente ci sono segni oggi che per certi aspetti si vada verso una miope separazione fra tecnica e scienza, ma questo non accade dappertutto. Il mondo contemporaneo è troppo più complesso e articolato di quello antico per generalizzare.
Detto questo, il saggio si legge con la stessa passione di un libro di avventure: un record mondiale per un testo di storia della cultura antica.
L’erudizione dell’autore è sterminata e ordinata con rigore, va dalla storia alla geografia, dalla letteratura all’astronomia antica.
Il tracollo culturale causato perlopiù dall’espandersi dei romani su tutto il Mediterraneo a metà del II secolo a.C. è un fatto innegabile, qui documentato in modo esemplare.
Quando i romani uccidono barbaramente Archimede nel 213 a.C. a Siracusa iniziano la distruzione di una cultura straordinaria, impedendo che il genere umano arrivasse a quella splendida sintesi fra matematica e tecnologia che si è ricostruita solo nel Seicento.
Mi resta un dubbio, però, gli scienziati ellenistici erano forse troppo rigorosi per fare quello che hanno realizzato Galileo, Huygens, Newton, Maxwell e Einstein. L’opportunismo metodologico della scienza moderna era già stato scoperto?
Grazie Lucio Russo. La storia della scienza con te diventa veramente poesia.