LA FILOSOFIA EDUCA I FIGLI
Uno dei maggiori problemi di educare, soprattutto in famiglia, mi sembra sia quello che i genitori trasmettono involontariamente dei postulati, che poi condizioneranno la vita dei figli in modo inconsapevole.
Faccio un esempio. Se dici a tua figlia “non rubare”, lei tutta la vita saprà che non rubare è una pratica approvata dai suoi genitori, con la quale dovrà comunque fare i conti.
Se, invece, senza dirlo, parli e ti comporti come se le regole della morale fossero indiscutibili, assolute, non razionalmente affrontabili, allora tua figlia, senza saperlo, dovrà fare i conti con la convinzione che una regola morale o è assoluta o non è.
Mi chiedo, come si faccia a non trasmettere questi dogmi nascosti, che limitano la libertà dei figli.
In parte, di sicuro, sviscerare le premesse implicite dei propri ragionamenti e comportamenti, dialogando con i propri figli quando arrivano all’adolescenza, cioè fare filosofia, aiuta.
In parte fare anche un po’ di filosofia, nel senso socratico, cioè esplicitare i propri dogmi impliciti, ci prepara a essere genitori migliori.
Certo, fare filosofia in questo senso, cioè mettere in discussione, non dare nulla per scontato, crea angoscia. L’angoscia tipica del non avere certezze.
È noto che l’incertezza è un veleno per il nostro cervello. Ma ci si può mitridatizzare, cioè assumerne un po’ alla volta fin dall’adolescenza, in modo da abituarsi. E allora l’incertezza da veleno diventa farmaco, nel senso evidenziato bene da Derrida lettore del Fedro platonico. In piccole dosi, cioè, l’incertezza fa bene.