LE TRE RAGIONI PER STUDIARE STORIA DELLA FILOSOFIA
In Italia ci sono quasi 1000 studiosi all’università inquadrati come filosofi. Di questi più di 200 sono nominalmente storici della filosofia e di tutti gli altri, non più di 200 sono filosofi. Molti, infatti, fanno storia della filosofia con altri mezzi, come insegnarono i sempreverdi Croce e Gentile!
Dunque l’80% dei filosofi in un modo o nell’altro sono storici della filosofia. Decisamente una percentuale sproporzionata, rispetto al ruolo importante, ma non così totalizzante, che ha la storia della filosofia fra i saperi contemporanei.
Detta questa cattiveria, veniamo alla parte buona.
Ho sempre pensato che la storia della filosofia abbia due principali funzioni, cioè quella storica, di raccontarci il nostro passato e quella teorica di fornirci un immenso arsenale di argomenti su cui meditare.
In realtà ne ha anche una terza, sottile, ma importante.
Noi tendiamo a dare per scontate certe tesi molto generali, che definiscono oggi la nostra identità di filosofi. In realtà una ricognizione storica di come queste tesi si sono imposte nei secoli e nei millenni ci aiuta a riformularle e modificarle in modo più adeguato.
Faccio un esempio: lo scetticismo.
Questo straordinario libro di Popkin non solo ci ha raccontato qualcosa che non sapevamo sul ‘500 e il ‘600, non solo ha riscoperto interessanti pratiche argomentative, ma ci ha spiegato che alla base della scienza moderna, così come è stata pensata da Bacone a Galilei, c’è una componente scettica, che l’illuminismo, il positivismo e il neopositivismo hanno provato a obliterare, ma che invece non va assolutamente dimenticata.