DE TE FABULA NARRATUR
Una delle esperienze filosofiche più belle è quella di leggere o rileggere un testo filosofico e d’improvviso rendersi conto che sta parlando di te.
Leggendo Platone capiamo che il sofista è in noi quando inventiamo argomenti per convincere o convincerci di tesi che ci fanno comodo, quando crediamo di sapere e invece ignoriamo, quando sui media parliamo di tutti facendo finta di sapere.
Il sofista è la parodia del filosofo, è colui che argomenta senza distinguere fra il vero e il falso, colui che crea immagini e non rappresentazioni.
Ma per cogliere l’essenza del sofista dobbiamo dire ciò che non è, cioè dobbiamo affermare che il falso c’è, cioè quello creato dal sofista. E questo è molto difficile, perché si rischia la contraddizione.
Ma anche l’essere è molto difficile. È solo ciò che possiamo manipolare, come dicono i figli della terra (empiristi radicali)? No, ci sono più cose. Allora forse è tutto ciò che può agire o subire (realismo scientifico). Ma i platonici duri e puri, gli amici delle forme, direbbero che l’essere è anche senza movimento in potenza. E qui cominciano i paradossi. L’essere è uno, ma allora sono due, l’essere e il nome “essere”!
Insomma dobbiamo continuare nella favola di tutti questi discorsi sull’essere, credendo che nel dire che l’essere è ci sia chissà quale sapienza (Heidegger, Severino), oppure accettare che le cose sono più complicate, cioè che il non essere assume tante forme diverse quante quelle di come le cose sono?
Dunque si può dire il non essere. E l’essenza del sofista è proprio questa, colui che attribuisce essere a ciò che non è, cioè colui che fa apparire il falso come se fosse vero.