INTERVISTA A MIRIAM DI PASQUALE BAUMANN: la musica tra Brasile ed Europa

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Sei specialista del repertorio “colto” sudamericano e del ‘900 italiano. Come mai questa scelta?

E’ stata una forza indefinibile, che mi ha portato in Brasile; fin da piccola ero attirata dal Brasile e non sapevo neanche dove fosse. Alla prima occasione in cui sono stata a Rio, un giorno, mentre ero nei dintorni di rua Barata Ribeiro, ho sentito come sottofondo il rumore del traffico e della strada, dei suoni; prima mi sembravano “ordinati” e poi, cercando di capire da dove provenissero, ho capito che era la melodia di un pianoforte. Quando racconto questo episodio, mi chiedo sempre se in quel momento stessi sognando o se sia successo realmente: il signore molto anziano che incontrai in un ristorante o bar “Renovação” e che suonava un pianoforte verticale di quelli vecchi, in radica, era un musicista che mi ha raccontato della musica a cavallo del Novecento, sino gli anni ’30. Fu lui che mi fece sentire e conoscere Ernesto Nazareth. Il giorno dopo e in quelli successivi, mi recai alla Biblioteca Nazionale di Rio a cercare tutta la musica di Nazareth. In quell’anno, andai ben tre volte in Brasile e ogni viaggio è sempre stato un pellegrinaggio in una biblioteca o in un’università, a parlare con musicisti.
Il Brasile risentiva della subordinazione alla musica europea; tuttavia, l’indipendenza dall’egemonia economica e culturale dell’Europa, l’emancipazione di una classe economicamente sempre più forte e l’abolizione della schiavitù hanno dato un impulso a cercare un linguaggio brasiliano, anche nella musica. Se, a questo, aggiungiamo che nel 1922 c’è stata anche la settimana del Modernismo a San Paolo (che segnò l’inizio del Modernismo brasiliano, il quale cercava di “dare un taglio” a tutto quello che esisteva prima), si può comprendere come l’ambiente culturale avesse un desiderio sfrenato di esprimersi in un modo nuovo. In Brasile, vi erano vari contesti di musica che erano reciprocamente permeabili.
Tutto ciò ha fatto sì che mi interessassi a quanto, di nuovo, vi fosse nel Novecento, come inclusione di generi.
Questo non si è verificato in Europa; ho rivolto l’attenzione a compositori “minori” di svariate nazionalità, che erano caduti nell’oblìo. La programmazione dei festival di diversi generi veniva continuamente proposta.
Da circa 20 anni, ciò ha cominciato a cambiare. Sto cercando di divulgare il repertorio sudamericano, in quanto l’eurocentrismo accademico ha pensato incessantemente che la musica classica dovesse proporre sempre i soliti brani e secondo le medesime modalità; là dove non fosse stata così, era ritenuta “meno degna”. In Brasile, invece, esiste una prassi esecutiva che comprende delle articolazioni nella scrittura musicale (note che avevano maggior peso, rispetto ad altre, ma con un’interpretazione più vicina al Barocco, in modo analogo alle figure retoriche proprie della lingua scritta e parlata): variazioni agogiche che mutano maggiormente, a seconda di ciò che l’interprete voleva dire. In tal senso, il brano può assumere colori e dimensioni interpretative, senza le quali sembrerebbe privo di interesse o banale.

Quale connessione sussiste tra i percorsi di studio che hai affrontato, tra Milano e Parigi?

Ho studiato con buoni insegnanti; quello con cui mi sono diplomata come privatista è stato allievo di Casella e tra gli ultimi di Cortot. Mi hanno diretta oltre la mera tecnica (ai fini interpretativi), sentendo il suono come “voce”: io mi esprimo attraverso il suono del pianoforte e questa voce è ciò che traspongo, sulla tastiera. Penso che la musica non abbia un significato univoco; c’è una semantica, che presuppone un significato.

A Parigi, hai avuto modo di essere allieva di Gyorgy Cziffra, uno dei più grandi virtuosi del pianoforte (forse, in assoluto) mai esistiti. In che modo il Maestro ti ha influenzata?

Studiavo con un’insegnante russa. Un giorno, mi hanno proposto di proseguire, con Cziffra. Il segretario della scuola mi ha riferito che lo conosceva, e mi ha detto che ero già stata ammessa perchè Cziffra era rimasto fuori dall’aula dove io suonavo, (esprimendo stupore nei miei confronti), per le lezioni. Queste ultime erano collettive; andavo presso di lui, a Senlis. Era incredibile, mirabolante: non ci sono aggettivi per definirlo. Quelle volte in cui suonava, lasciava tutti a bocca aperta; un improvvisatore eccezionale, con la sua tecnica…Era anche una persona a volte un po’ assente: in alcuni momenti, percepivo tale sentimento, mentre lo ascoltavo. Condivideva con gli allievi la sua bravura, specialmente quando improvvisava. Grazie a lui, ho imparato che lo studio e l’impegno, insieme ad un forte desiderio, consentono (di avere) una visione del brano, come se ciò consistesse nel “bere un bicchiere d’acqua”, che permette di suonarlo con leggerezza, divertendosi. Ho trascorso un anno con lui, dopodiché sono dovuta tornare in Italia. Quando non potevo più rimanere, mi ha scritto una lettera con una frase commovente: secondo lui, avrei potuto “dire e comunicare qualsiasi cosa” con le mie mani. Dopo qualche anno, ho capito che mi aveva insegnato che, per andare avanti nella musica, bisogna accrescere il desiderio altruistico, non quello dell’ego.

Quali sono stati i tuoi contributi in ambito musicale e per quali realtà mediatiche?

Sono stata pianista accompagnatrice di cantanti lirici per “Mediaset”: ho sperimentato l’aspetto “spettacolare” del pianoforte (“trucco e parrucco”, vestiti etc.); non l’ho vissuta molto bene. Per la “RAI”, mi hanno invitata a parlare di Charles Edward Yves (2007) e di musica vocale italiana (autori come Mortara, Respighi, Pizzetti tra gli altri), con finalità divulgativa. Ho avuto interviste per “Radio Camara” e “Rete Globo”, in occasione dell’incontro fra artisti di origini italiane e in commistione con la musica brasiliana.
Ognuno esprime la propria musicalità e personalità attraverso il suo linguaggio, svincolato dalle regole, come conferma l’ideale della libertà. 
Da qualche anno, sono ospite fissa della trasmissione “L’arpeggio”, a fianco di “Radio Vaticana”, quando si parla di musica brasiliana o di compositrici, insieme a Luigi Picardi. Sento la pressante urgenza di riprendere un progetto sulle compositrici, specialmente in quest’ultimo periodo: Alma e le altre…Donne che hanno saputo affermare il loro talento artistico, dando prova di grande forza d’animo.

Quali saranno le novità musicali che metterai -prossimamente- a disposizione del pubblico?

Continuerò con i compositori brasiliani, registrerò il secondo CD del “Progetto Allegro Con Saudade”, iniziato nel 2017:  il caso (ma siamo proprio sicuri che sia un caso?) ha voluto che mi occupassi di questo repertorio e, oltre alla divulgazione, ho concepito un gruppo di musicisti brasiliani e italiani, classici e popolari. Questo consta di 9 persone con una cantante. E’ modulare (al suo interno, può essere diviso in piccoli gruppi e il concerto viene seguito con gruppi diversi, oltre a quello intero). Il programma di questo ensemble si basa sul repertorio per pianoforte e per pianoforte e voce (quindi, ci sono alcuni arrangiamenti con aroma jazz, altri klezmer; oppure, classici, per poter lasciare libera espressione ai componenti). Ho cercato di riproporre il suono brasiliano, formato da tante tipologie.
La commistione tra artisti di duplice nazionalità costituisce un momento di riflessione tra viaggi (virtuali e non), incontro e scontro tra culture e retaggi musicali diversi.
Stefano Chiesa

News Reporter
Milano, 1990. Laureato magistrale e triennale in Filosofia ("Vita-Salute San Raffaele", 110/110, 2014) con un "Erasmus" di un anno presso l'Université "Paris 1/Panthéon-Sorbonne". Ho lavorato come articolista, content creator e intervistatore per "MilanoSud" (2021), "Melegnano Web TV" (2020/21) e "Aracne TV" (2020). Sono stato finalista premiato al premio "Nabokov" (dicembre 2021). Per ogni altra informazione (libri, critica musicale, conferenze tenute, riconoscimenti letterari), ecco il mio sito: "www.stefanochiesascrittore.it" Grazie :D
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