– In che modo il tuo percorso iniziale di studi ti ha orientato a trovare un connubio tra filosofia, medicina e psicologia?
Terminato il liceo classico a Ravenna, ho tentato il test d’ingresso per “Medicina” all’Università degli studi di Ferrara, ma senza successo, visto che all’epoca non avevo particolari aspirazioni a diventare medico. Nel corso dei miei studi nella facoltà di “Filosofia” dell’”Università Vita-Salute San Raffaele”, mi sono parimenti sentito inizialmente spaesato, ma al tempo stesso ho progressivamente apprezzato la libertà di esprimere le diverse “sfaccettature” che formano il mio carattere e i miei interessi. Al termine del primo anno di corso in “Filosofia” avevo l’intenzione di seguire, come seconda laurea magistrale, un percorso interfacoltà nell’ambito delle “Neuroscienze cognitive” che mi portasse ad essere un ricercatore in questo ambito. Per essere in grado di sviluppare questo mio progetto, ho dovuto mutuare svariati esami opzionali dalla Facoltà di “Psicologia” della mia stessa Università. Questa commistione tra studi filosofici e psicologi mi ha portato a volere sviluppare una tesi che cercasse di trovare un ponte tra queste due discipline. Il mio relatore di tesi ed io siamo riusciti a individuare un argomento originale che ponesse a confronto la fenomenologia con l’”antipsichiatria” nel contesto della rivoluzione culturale di Franco Basaglia (1924-1980). All’epoca (2009/12), non avevo previsto che mi sarei successivamente orientato verso un percorso di “Medicina”. Come viaggio post-lauream, intrapresi un viaggio di volontariato in Brasile, coadiuvato da alcuni responsabili dell’Ospedale “San Raffaele”. L’idea di questo progetto era quella di selezionare degli studenti delle varie Facoltà della mia Università e permettere loro un’esperienza di volontariato all’ospedale gemellato presso la città di Salvador de Bahia (Brasile). In questo viaggio, a differenza degli altri partecipanti che avevano sviluppato percorsi di studi diversi (medicina, psicologia, fisioterapia), ero l’unico filosofo. Nel corso di quest’esperienza, per me estremamente formativa, mi accorsi che riuscivo ad aiutare le altre persone, tanto quanto gli psicologi e i medici; infatti, quello che più mi sembrava “aiutare” l’altro era il piano del rapportarsi, il fatto di mettersi in relazione con lui (nonostante tutte le differenze linguistiche e culturali del caso). Questa presa di consapevolezza mi ha portato a tornare in Italia con uno spirito completamente diverso da quello con il quale ero partito. Poiché avevo già programmato in precedenza di trascorrere quel finire di estate 2012 ad Erice (in Sicilia, tra Trapani e Palermo), occupato nella frequentazione di una settimana di seminari internazionali, proprio nell’ambito delle neuroscienze cognitive, pensai di assentarmi in una di quelle giornate per tentare nuovamente il test d’ingresso a Medicina presso l’Università più vicina a dove mi trovavo in quel momento (dunque, a Palermo). In quell’occasione, passai il test piazzandomi tra i primi posti, sebbene fossi poco preparato. All’epoca, si poteva scegliere come Facoltà di destinazione soltanto all’interno di una selezione universitaria regionale, e io optai per la città di Catania, la cui attività imprenditoriale mi aveva dato un’impressione di vitalità e dinamismo.
– Quali sono state le esperienze più significative, in Medicina e Psicoterapia, a livello didattico e umano?
A livello didattico, il primo anno di Medicina che trascorsi a Catania fu per me una pietra miliare in tutti i sensi. Ricordo lo scoglio del primo esame di “Anatomia” e le tecniche mnemoniche che appresi dal nostro professore, che mi furono di grande utilità per tutti gli esami futuri. Per contrasto, lo studio universitario di “Biologia”, a differenza di quanto avvenuto nella mia esperienza al liceo classico, si concentrò sugli aspetti del “funzionamento”, e credo che sia stato tale focus ad avermi, poi, permesso di affrontare in seguito altri esami più avanzati (tra cui “Fisiologia” e molti altri) con maggiore agio e senza troppi timori reverenziali.
A livello umano, nella mia esperienza catanese non provai nessuna sensazione di “ostracismo”: mi sentivo “incluso” e ben voluto da tutti i miei compagni, nonostante fossi il “polentone che calava dal Nord”. Alla fine del primo anno decisi che, nonostante mi fossi trovato molto bene in quel di Catania, avrei comunque tentato il trasferimento Milano alla facoltà di “Medicina” della medesima università in cui avevo affrontato il percorso in Filosofia, in quanto conoscevo direttamente la qualità dell’insegnamento e della didattica in generale e avevo comunque diversi parenti a Milano cui avrei potuto eventualmente appoggiarmi, in caso di bisogno. Dopo un colloquio di ammissione, venni ammesso direttamente al secondo anno che, anche in conseguenza di questo trasferimento, è risultato in assoluto il più complesso da gestire. Ricordo, ad esempio, in quel periodo l’insegnamento di “Neuroscienze”, un esame arduo dal punto di vista della mole di studi e nozioni, anche se estremamente gratificante per come venne condotto dal professore responsabile del corso. Successivamente, l’ambito di interesse che nel corso dei miei studi medici mi ha fatto “sentire più a casa” è stato “Psichiatria”, in quanto tornavo ad affrontare dopo anni temi a me cari legati alla psiche, ma da un punto di vista più scientifico; inoltre, era uno dei primi ambiti di insegnamento che non si limitava ad essere teorico, ma anche pratico.
– La tua attuale professione di psicoterapeuta su quali princìpi si basa? Parlaci anche della Scuola fondata dai tuoi genitori
Esistono svariati tipi di psicoterapia (psicoanalitica, cognitivo-comportamentale, sistemica ecc.). Io mi sto specializzando in un particolare indirizzo psicoanalitico, in quanto la mia è una scuola di formazione legalmente riconosciuta dal MIUR avente come ispiratori il fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud (1856-1939) e Joseph J. Sandler (1927-1998). Tra il 2007 e il 2008, la mia famiglia ed io ci siamo trasferiti a Ravenna per motivi al contempo lavorativi e famigliari. Nel 2008, mio padre Dott. Giovanni Pieralisi ha fondato la “Scuola di Psicoterapia” a Ravenna, basata in gran parte sulla sua esperienza pregressa nella formazione psicoanalitica. Infatti, insieme ad alcuni colleghi aveva dato vita, a Milano, al “Centro Studi di via Ariosto”, che gli “addetti ai lavori” conoscono come una realtà formativa di grande tradizione e rigore concettuale.
Il modello di psicoterapia su cui si basa la mia formazione parte dall’assunto che non debba essere stabilito un termine predefinito al trattamento, nel corso del quale lo psicoterapeuta ha il compito di lavorare sulle “libere associazioni” del paziente, che diviene sempre più libero e a suo agio di abbandonarsi al flusso dei suoi pensieri. In tal modo, il terapeuta cerca di utilizzare la propria “attenzione liberamente fluttuante” per seguire il flusso dei pensieri del paziente e le sue proprie sensazioni (del terapeuta), in modo di risalire progressivamente ai nuclei traumatici che portano alla sofferenza del paziente. La nostra scuola si basa essenzialmente sul pensiero sandleriano, il cui sviluppo da parte di mio padre lo ha portato a definire la “postura psicanalitica”, un concetto metodologico: ovvero, un modo di porsi del terapeuta che consente in modo strutturale un ascolto alle “risonanze” delle altre persone, in contesti diversi da quelli tradizionali (come il setting classico dello studio medico con la “chaise longue”). La postura psicanalitica è quell'”habitus” che garantisce ad uno psicoterapeuta di non sentirsi fuori posto in nessuna situazione clinica e di potere esercitare un ascolto psicoanalitico anche nei contesti più disparati. La nostra è una scuola che forma lo psicoterapeuta prima di tutto come persona, in modo tale che la professione possa diventare qualcosa di più, un “modo d’essere” a tutti gli effetti, il quale porta progressivamente a disinnescare il più possibile il proprio “Super-io”, ossia a sospendere il proprio giudizio, in modo da mettersi nei panni dell’altro (identificandosi con lui e “dis-identificandosi” successivamente).
– Quali sono gli sviluppi della vostra attività in questi anni e quali sono le tue responsabilità?
Successivamente alla fondazione della sede principale a Ravenna, abbiamo progressivamente allargato il nostro bacino di utenza e fondato una sede a Mantova (2015) e una a Trieste (2016). In questo momento, dunque, copriamo la formazione in psicoterapia psicoanalitica in tre regioni. Personalmente, mi occupo del lavoro privato con i miei pazienti e della gestione didattico-formativa della scuola all’interno delle sue tre sedi, oltre che i rapporti con il MIUR, la comunicazione con gli allievi e i docenti della scuola e la parte legata alla gestione fiscale e patrimoniale.
Stefano Chiesa
Intervista interessante, concetti espressi in modo chiaro, con un linguaggio fluido. Bravo Cesare.
Conosco entrambi i tuoi genitori, fin dai tempi del Centro Studi di via Ariosto, sono una collega che ha visto nascere la Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica di Ravenna, per oltre 10 anni sono stata tutor di tirocinio di diversi giovani professionisti frequentanti la vostra Scuola di Formazione per Psicoterapeuti.
L’alto livello didattico, formativo si è confermato negli anni, ho partecipato a numerosi seminari organizzati dalla Scuola con la presenza di esperti di grande spessore, provenienti anche da realtà estere di notevole pregio.
Il livello e il rigore hanno sempre caratterizzato lo stile della Scuola e posso affermare che dopo decenni di professione riconosco il prezioso contributo ricevuto personalmente e ritrovo quello “stile” che fa distinguere i professionisti formati presso la vostra Scuola.
A Giovanni Pieralisi e Nedda Papi va tutta la mia stima e riconoscenza per quanto ricevuto nel corso degli incontri e anche il plauso per aver saputo trasmettere al figlio la passione per questa straordinaria esperienza umana e professionale che caratterizza la vita di noi Psicoterapeuti.
Che la tua carriera sia piena di emozioni positive e gratificazioni, caro Cesare, buona vita.