Siamo in Albania nel 1943, Kajan è un bambino curioso che vive insieme al nonno nel piccolo villaggio di Rragam, nel nord del paese. I suoi genitori sono partigiani e sono sulle montagne a combattere contro i nazisti. Eppure sarà proprio un tedesco, Cornelius, il disertore, a insegnare al bambino a suonare il pianoforte, a toccare quei tasti e creare magie. Alla fine della guerra, la vita sia del protagonista che dei personaggi che lo circondano sembra finalmente entrare su binari sicuri. Iniziano però, gli anni bui e di isolamento del regime comunista albanese. Kajan diventa un grande pianista in un paese in cui gli artisti sono visti come un potenziale pericolo, perché si fanno guidare dal sentimento per la musica, non per la patria. Kajan può continuare la sua passione, grazie a sua madre, che è un membro importante del partito, per ringraziarla dei servizi resi alla patria durante la seconda guerra mondiale. L’onore per questa donna è sopra ogni cosa, sopra anche l’amore per suo figlio, e per la libertà di scelta di suo figlio. Mentre l’Albania è dominata dalla dittatura comunista e l’Europa è spaccata in due dalla guerra fredda, niente è come sembra. Tutto questo spingerà il destino di Kajan a compiere strade imprevedibili. Come racconta la storia di Kajan, gli artisti erano tenuti d’occhio come possibili traditori. Potevano uscire con permessi speciali per andare a suonare in paesi in linea col regime albanese. Si rischiava il carcere per poco, però. Libro scritto in modo magistrale. D’altronde, avevamo già avuto prova del suo talento nella scrittura, con ogni singolo testo dei suoi brani, pura poesia. Che dire, grazie per queste 540 pagine di storia.