“All’inizio non c’era nessun Dio. Non c’era né il tempo, né lo spazio. C’erano soltanto la luce e le tenebre. Ed era perfetto.”
Una favola, ambientata a Prawiek, un villaggio sospeso nel tempo, al centro dell’universo: percorso dai fiumi Bianca e Nera, punteggiato da alture come la collina dei Maggiolini, ha quattro arcangeli a vegliare i suoi confini e un Tempo scandito dalle consuetudini più semplici.
Una storia raccontata tra le due Guerre che portano turbamento anche qui, come nel resto del mondo, ma a Prawiek le giornate ruotano attorno alle preghiere, al mulino e al macinacaffè, alle nascite e alle morti, alle piccole storie degli eccentrici personaggi che lo abitano:
C’è Michail Niebieski, che parte per la guerra, c’è sua moglie Genowefa che porta in grembo la sua bambina, Misia, che nascerà mentre il padre è in guerra.
Gli uomini vanno al fronte e le donne stanno a casa , “se all’improvviso cominciassero tutte a partorire solo femmine, nel mondo ci sarebbe la pace”.
C’è Spighetta, un po’ strega, un po’ prostituta, bella, ma che inquieta; c’è l’Uomo Cattivo, che attraverso quello che sarà un lento processo, scorderà tutto quello che lo caratterizzava come essere umano.
Di ritorno dalla guerra il padre, Michail dona alla figlia, Misia,un macinacaffè, che forse è la metafora dell’intera storia. Ai margini del paese c’è poi il castellano Popileski che perde la fede e si rintana nel castello. Seguono poi altre decine di personaggi tutti molto strambi e particolari, come Florentynka, la quale impazzisce all’improvviso, senza motivo. Aveva perso sette figli e un marito ma non è stato quello a farla impazzire. Era anziana e litigava con la luna.
Non avevo mai letto nulla di Olga Tokarczuk, scrittrice polacca e vincitrice del premio Nobel nel 2018.
Scritto benissimo, e mi ha fatto nascere la curiosità e la voglia di leggere di più di lei.