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Viaggio in Italia
Per Massimo Rizzante
Centro storico di Milano
mi chiedo a cosa servo.
Non per innalzare cattedrali e palazzi
progettare castelli né fonti,
algebra dei saggi architetti
che mettono strade ai nostri passi
tetto alla nostra indigenza
riposo per gli occhi.
Mi chiedo a cosa servo.
Non per dipingere né per scolpire.
Altri hanno già plasmato la luce viva nella pupilla,
la pietà nel volto esausto,
la piega di lino nel marmo,
il bacio segreto,
una spina nella zampa di leone,
l’allegoria dei cicli.

Giardino botanico dopo la rugiada
il mormorio dell’acqua con il suo nettare affrettato
attrae l’alveare di foglie verso la fonte
e già l’albero si scioglie la chioma.
O ad esempio della pioggia cadono anche alti fiori
però non come gocce
ma come lenta rugiada della seta,
cascata sfaticata delle fibre.
E perché non ritornano più alla cima
si congedano da lei fluttuando un momento
agitando il palmo aperto dell’aria
come se fossero un fazzoletto.
Qualcuno ha disposto la freschezza e gli aromi
dei rami e delle foglie
in questo verde labirinto della quiete.
E il giardiniere
ha fatto un bene inestimabile
e il sabato riposò e bevve un caffè nella piazza del Duomo.
Io, che non so di coltivazione né di terra,
che non conosco la farmacopea.

A chi devo ringraziare per la parola scusi,
per la parola prego e con chi devo essere grato per i ringraziamenti?
Perché quando dico grazie
gli occhi che mi guardano si illuminano.
Io, che non so inventare parole,
che le trovo tutte fatte,
talismani carichi, chiavi,
monete gratuite.
Posso raccoglierle dall’aria
diventare ricco
nessuno è avaro di parole.
Ci sono quelli che portiamo sacchi interi di loro sulla schiena
raccolte come si strappa la mela quando si estende
nei tempi migliori della stirpe
la mano nuda nell’orto.

Viaje a Italia
Para Massimo Rizzante
Casco viejo de Milán
me pregunto de qué sirvo.
No para levantar catedrales y palacios
proyectar castillos ni fuentes,
álgebra de los sabios arquitectos
que ponen calle a nuestros pasos
techo a nuestra indigencia
descanso a los ojos.
Me pregunto de qué sirvo.
No para pintar ni esculpir.
Otros han plasmado ya la luz viva en la pupila,
la piedad en el rostro extenuado,
el pliegue de lino en el mármol,
el beso secreto,
una espina en la pata del león,
la alegoría de los ciclos.

Jardín botánico después del rocío
el murmullo del agua con su néctar presuroso
atrae a la colmena de hojas a la fuente
y ya el árbol se suelta el cabello.
O a ejemplo de la lluvia caen también las altas flores
pero no como gotas
sino en lento rocío de la seda,
cascada perezosa de las fibras.
Y porque no han de volver a la copa
se despiden de ella flotando un momento
agitando la palma abierta del aire
como si fueran un pañuelo.
Alguien ha dispuesto la frescura y los aromas
de las ramas y los follajes
en este verde laberinto del sosiego.
Y ha hecho un bien incalculable
y el sábado descansó y tomó un café en la plaza del Duomo
el jardinero.
Yo, que no sé de cosechar ni de tierra,
que no conozco de farmacopea.

¿A quién debo agradecer por la palabra scusi,
por la palabra prego y a quién debo agradecer las gracias?
Porque cuando digo grazie
los ojos que me miran se iluminan.
Yo, que no sé inventar palabras,
que las encuentro todas hechas,
talismanes cargados, llaves,
monedas gratuitas.
Puedo recogerlas del aire
hacerme rico
nadie es avaro de palabras.
Hay quienes llevamos sacos enteros de ellas en la espalda
recogidas como se arranca la manzana al estirar
en los tiempos mejores de la estirpe
la mano desnuda en el huerto.

di David Noria

Milano, 23 giugno 2021
La notte
Pensa alla città più illuminata che conosci
Tokio, Milano, Alessandria.
L’uomo aveva paura della notte
per questo inventò le città
per mettersi al riparo con il cemento e le vetrate.

La notte è terribile perché seduce
porta bagliori sul tronco, gira scalza
non ha età, nè nome, nè limiti
è una straniera guardandoti in silenzio.

L’uomo si sentiva attratto per la notte
per questo sollevò edifici, obelischi, antenne,
monumenti, grattacieli, piramidi, colonne.

Pensa alle città più illuminate che conosci
la notte gioisce con le braccia estese
piove a volte.

Agli inizi il falò era un invito
chiamata precaria e febbrile che nessun vento ha spento
e l’elettricità è un altro modo di dire ti necessito.
Esordiente città e sempre giovane
la notte alla quale brami è eterna.

–A misura che i mesi passano
essa diviene impaziente, vorace
arriva ogni giorno più in anticipo
chioma sciolta, occhiaia, sul dorso luccichii
e ore di ora in ora dopo
al sentire la stanchezza, si alza
raccoglie i suoi vestiti neri e parte.

Tokio, Milano e Alessandria
la torneranno a vederla più tardi.

Milán, 23 de junio de 2021
La noche

Piensa en la ciudad más iluminada que conozcas
Tokio, Milán, Alejandría.
El hombre tenía miedo de la noche
por eso inventó las ciudades
para resguardarse con cemento y vidrio.

La noche es terrible porque seduce
lleva brillos en su torso, va descalza
no tiene edad, ni nombre, ni límites
es una extranjera mirándote en silencio.

El hombre se sentía atraído por la noche
por eso irguió edificios, obeliscos, antenas,
monumentos, rascacielos, pirámides, columnas.

Piensa en la ciudad más iluminada que conozcas
la noche se regocija con los brazos extendidos
llueve a veces.

Desde el principio la fogata era una invitación
llamado precario y febril que ningún viento ha apagado
y la electricidad es otro modo de decir te necesito.
Primeriza ciudad y siempre joven
la noche a la que anhelas es eterna.

–A medida que los meses pasan
ella se vuelve impaciente, voraz
llega cada día más temprano
pelo suelto, ojeras, en su torso brillos
y horas de horas de horas después
al sentir el cansancio, se levanta
recoge su ropa negra y parte.

Tokio, Milán y Alejandría
la volverán a ver más tarde.

di David Noria

David Noria (Città di Messico, 1993), scrittore e filologo. Professore dell’Università di Aix-Marsella, Francia. Laureato in Lettere Classiche nell’università Nazionale Autonoma del Messico. Ha pubblicato i suoi scritti in Letras Libres, Cuadernos Americanos, La Jornada Semanal, Papel Literario, Zona Paz, Este País.

Critica poetica
Nei testi del poeta e scrittore David Noria i versi sono sia immagini sia parole. Le parole e le immagini appaiono come le declinazioni di una fonte comune dalla quale possono generarsi vicendevolmente e appartenersi. Ogni gesto espressivo, verbale o iconografico, è il luogo in cui impera la forma, descritta con un linguaggio attuale, sintetico e moderno.
Questo poeta attinge alla cultura classica e ha vaste conoscenze storiche, comunque la chiave di lettura che fornisce e le espressioni che usa sono attuali.
I versi delle poesie anteriori si propongono come un processo incerto, dove il proprio “Io” appare quasi straniero a sé stesso, e dotato della facoltà di dissipare, di lasciare molti suoi punti irrisolti, sotto forma di domande.
Il poeta, poi, restituisce grazia a questi dubbi continuamente rivendicati, usando un linguaggio reattivo, che in certo modo rivitalizzata il tutto con un finale propositivo.

Traduzione e Critica poetica di Yuleisy Cruz Lezcano

News Reporter
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