“La casa delle Parole” è un romanzo di appena 149 pagine di Cécile Coulon, edito da Keller. Una storia breve ma affascinante, che quasi si ricollega al più vecchio e divenuto classico ” 1984″ di George Orwell. Il paragone tra i due è d’obbligo e anzi, sembra quasi che il romanzo della scrittrice francese ne sia il seguito: il famoso Grande Fratello è divenuto semplicemente Il Grande, e i libri che vengono dati ai prolet continuano ad essere brutti, privi di spessore e utili a fare in modo tale che le masse se ne stiano buone e non sentano il peso della dittatura.
Se, però, “1984” ha una sua storia che poco riguarda i libri, “La casa delle parole” è tutto incentrato sui libri. Che libri vengono scritti in un mondo e in un periodo storico in cui la letteratura, la vera letteratura, i classici, quelle opere che aprono l’anima alla riflessione su se stessi e sul mondo, è proibita?
Gli scrivani si dedicano alla stesura di testi ricchi di pathos. Tre generi sono consentiti: tristezza, terrore e brivido. Vengono organizzati enormi eventi di lettura a cui la gente prende parte strappandosi i capelli, facendo a botte pur di assorbire ogni sillaba dei capitoli iniziali del nuovo libro. Solo alcuni giovani sono completamente disinteressanti all’evento, sono i poliziotti: guardie fisicamente forti, ma completamente analfabete. L’analfabetismo è l’altra faccia della medaglia del romanzo di Coulon.
Da un lato si hanno gli accaniti lettori e dall’altra giovani ex contadini di origine miserrima che rifiutano il loro nome per chiamarsi con dei codici numerici, è il caso del protagonista 1075.
C’è una certa antipatia tra lettori e guardie analfabete, ma, occorre chiedersi, i lettori sono veramente lettori? Tutti siamo lettori finché leggiamo, ma cosa leggiamo? Il romanzo di Cécile Coulon è un ragionamento sulla letteratura, su cosa sia la letteratura oggi, su cosa potrebbe diventare e sulle capacità critiche, di riflessione di coloro che si definiscono lettori.
Coulon fa apprendere a un analfabeta a leggere, ma non si emoziona con i libri stampati dal governo del Grande, fino a quando non legge veramente, un genere nuovo e proibito appartenente alla pericolosissima letteratura.
Un contadino ha, dunque, più sensibilità e più capacità critica di una massa di lettori che leggono le scartoffie sentimentali.
Questo romanzo è un punto di domanda che chiede dove sta andando la letteratura e i suoi lettori: esisterà ancora la letteratura o ci domineranno i best seller brivido, amore e terrore?