“La poesia non è scritta
vive la sua vita.
D’altra parte,
sognare guardando la vita
attraverso il telescopio metafisico
dell’Arte”
Per il poeta bosniaco, vivente a Banja Luka, città famosa per la maestosità della sua moschea ottomana, a circa 450 km dal suo paese d’origine, Trebigne, la poesia è : Lo spirito dell’Arte. Essa raffigura la divina illuminazione della personalità umana, la libertà dello spirito e l’idolatria riflessiva dell’anima sublime di ogni uomo. La poetica di Višecruna, appartiene ai popoli lontani, all’energia in movimento, alla parola dei lettori. Egli è un poeta che, attraverso i propri versi, giunge in modo rettilineo e pulito al suo popolo rendendo, (il suo popolo), portavoce della sua poetica, del suo messaggio, della sua forma celeste. La sua poesia, possiede un linguaggio moderno, giovane, chiaro e sincero, rivolto soprattutto ai giovani: “ […] perché la creatività rappresenta il lavoro collettivo che ogni uomo, con passione e dedizione, deve svolgere, utilizzando il mezzo più incontaminato, in modo tale, da poter creare amore collettivo [ … ]”. Per il poeta bosniaco, amante della natura e della filosofia, fare poesia, significa donare linee guida ai giovani per un percorso perfetto e sicuro, senza dubbi ed incertezze, quindi, avvolgendo la psiche dei giovani, come in una nuvola paradisiaca fatta di certezze, gioie, sincerità, perdono, per raggiungere al proprio Io interiore. Il messaggio che Višecruna vuole inviare, è la ricerca del passato attraverso l’arte, perché scoprendo l’origine si può ricercare il presente e, di conseguenza, si può costruire un futuro sicuro, con l’aiuto di punti di riferimento, indispensabili per la continuità di un percorso umano sano. Elementi e concetti importanti che spiccano nella poetica del poeta bosniaco sono l’amore per il prossimo ed una continua ricerca per l’anima gemella basata sui cinque sensi, un desiderio consapevole ma al contempo sconosciuto, una scossa che sa far tremare l’anima in silenzio e nella sua timidezza, sa creare il suono improvviso, come le campane della chiesa che, avvicinandosi d’un tratto, al rame, creano quell’irresistibile melodia da attirare l’attenzione di tutti: “[ … ] Quante volte ho bevuto quel pensiero. Ho ispirato i sensi delle mattine eterne che riempiono i polmoni di ossigeno e mi chiedevo se ti avrei mai incontrata nel paesaggio perfetto, il paesaggio sognato: la città dei fiumi e dei ponti … e la mia voce silenziosa ti abbraccia e svegliandosi dal sogno, desidera te, tu che non conosci il mio nome. Quando arriverà quel giorno, tutti i giorni passati appariranno simili e canteremo la nostra nona sinfonia nel possente rapimento del cielo e la terra simile alla mia cara!”. Non solo! Il poeta sa utilizzare in proporzione e gentilezza figure retoriche e allegorie, significato della sua dedizione per le ricerche filosofico – artistiche. Amante della musica classica, infatti, il Višecruna non poteva che utilizzare l’immagine del compositore tedesco L. van Beethoven “canteremo la nostra nona sinfonia”. Una scelta, questa, non casuale ma ampiamente ricercata. Ma perché? Perché quattro sono le parti della giornata nelle quali è possibile ascoltare il suono delle campane ma sono anche i movimenti che compongono la IX sinfonia. I multipli di quattro fanno da sfondo a questo percorso! Infatti nel movimento quattro c’è l’indicazione Allegro ed energico, sempre ben marcato, la misura indicata è 6/4 (8 = multiplo di 4), il tempo è in 84 (multiplo di 4). Ma sonorità e sinfonia sono presenti già a partire dal titolo della prima raccolta poetica di Stefan Višecruna: UN RAGNO O UN UOMO. Precisamente, il titolo serbo – croato ПАУК ИЛИ ЧОВЈЕК è composto da 12 lettere, ossia un multiplo di 4, non a caso, la settima indicazione del movimento IV della sinfonia IX è Allegro assai! Per il poeta proveniente dai balcani, la base principale per la composizione poetica è la letteratura, senza di essa è impossibile diventare un buon ed un grande poeta: “Scrivendo senza una base letteraria, in poesia, è come se si costruisse una casa partendo dal tetto, con una radice, quindi, quasi del tutto inesistente, così facendo, si investirebbero, i propri sforzi creativi, in inutili successi, portando ad una negativa percezione dell’essenza poetica”. I suoi punti di riferimento, quindi, sono i giganti della letteratura europea ma, senza ombra di dubbio, la sua figura ispiratrice, considerata una vera e propria guida, è lo scrittore serbo Jovan Dučić con il quale, il Višecruna, ha molti punti in comune: l’amore per la cultura occidentale soprattutto verso la Francia, l’amore per il viaggio (elemento che ha sempre affascinato i popoli più antichi, fra leggende e storie reali, esso è stato il mezzo di comunicazione più lontano unendo culture e tradizioni diverse), la poesia, ed infine l’inarrestabile legame verso la sua Terra, il suo popolo, le sue origini, il suo principio. Il poeta bosniaco contemporaneo, afferma che non basta comporre versi ma lasciare un’impronta giusta e duratura nel corso del tempo, capace di resistere sulla sabbia all’arrivo delle onde del mare. Ma egli, possiede uno spirito pacifico e sereno pronto a combattere, con la propria poesia, l’ingiusta cattiveria della vita, ritrovando, nel dogma, nella sua Fede, la speranza e la forza di voler cambiare il mondo, distruggendo il male, la diversità che rendono limitati e schiavi gli uomini e, proprio attraverso la sua poesia CONFESSIONI DI UN’ANIMA si può leggere: [ … ] La mia casa è più deserta di tutta la patria del mondo, spogliata come un osso. È stata distrutta dopo il diluvio. Sono un perdente e un viaggiatore ovunque, senza il mondo. Sono così triste ed inquieto. Io mi sento come un gruppo di dumper. Ti sto chiedendo come mai tutto questo. Non ho la tua risposta ma so che il male è venuto dai malvagi. Ma in me scorre la gioia di Gerusalemme [ … ]”. Stefan Višecruna, vissuto in un paese occupato dai turchi per cinque secoli e demolito dal regime comunista, è fiero delle sue origini e onorato di celebrare la propria essenza, la propria storia, la propria filosofia ed il proprio linguaggio, contribuendo, con i priori versi, ad apportare speranza donando, alla sua gente, la gioia della libertà: “ [ … ] In un uomo, la guerra, tutte le guerre del mondo, sul campo di battaglia sangue in continuazione. Eppure l’amore saggio è in me, la più morbida e chiara visione spirituale [ … ]”. Il poeta, chiude la sua poetica con un invito a non predicare la pace in apparenza evitando “[ … ] La sanguinosa cena presso il Kosovo [ … ]” ma giungendo ad un accordo eterno, sereno e divino: “Fissando, tranquillamente il cielo, nel quale non avvengono inseguimenti spericolati ma l’unica ricerca è la libertà, perché nessuno è alieno in questo cielo”.