“Zigomi alti come scogli” è il romanzo d’esordio di Antonella Palmieri per L’Erudita. Nonostante sia il suo primo romanzo, l’autrice imprime alla scrittura una forza narrativa sorprendente, approfondendo una dolorosa e segreta vicenda familiare e umana.
In un clima familiare apparentemente tranquillo, pian piano emergono rotture che Ottavio, il protagonista maschile, si ostina a non vedere. Ottavio e Bianca sono due giovani sposi che non hanno la forza, il coraggio di rivelarsi sino in fondo. Ottavio si innamora di Bianca, una donna che conosce da poco. Un amore che brucia di passione. La sposa dopo un anno, ma di lei non sa nulla, neanche delle sue passioni per le erbe officinali.
Antonella Palmieri, in un intreccio di amicizie e amori, di fragilità e di egoismi incompresi, pone il lettore davanti a molte domande sulla vita di relazione, facendo emergere come si possa vivere accanto ad un’altra persona senza sapere praticamente nulla delle passioni e degli affetti dell’altro.
Nel romanzo di Antonella non leggiamo sul web, come facciamo oggi. Qui si scrivono lettere. Alcune di queste, l’autrice le definisce “lettere dal fronte” e le lettere si scrivono e si leggono. Queste sono le uniche due vite delle lettere. Ma queste vanno distrutte? E se si, perché vanno distrutte?
Il romanzo, può essere tranquillamente considerato un romanzo intimista e come tale è antieroico, non è ampolloso (come in effetti è poi Antonella Palmieri), non è roboante. In esso non si cantano o si evocano imprese eroiche, non si parla di donne e uomini eccezionali. Al contrario, il romanzo narra e rappresenta la vita di tutti i giorni degli abitanti di una splendida casa immersa in un meraviglioso giardino dei semplici da dove la protagonista ricava miracolosi farmaci vegetali.
In uno stile sfumato, asciutto Palmieri conduce il lettore, pagina per pagina, alla riscoperta del quotidiano, dei ricordi, delle emozioni, degli stati d’animo, delle paure (vere o presunte), senza mai giudicare.
Il romanzo, ripercorre le zone d’ombra dei rapporti familiari dei protagonisti. Zone d’ombra che a volte vengono illuminate ed altre volte vengono lasciate andare, perché, dice l’autrice, “non si fa archeologia con i sentimenti”. È un romanzo che prova a dirci che entrare nelle stanze dei ricordi non è sempre piacevole e le sorprese possono essere tante e anche dolorose.
A volte gli scrittori scrivono perché non sanno disegnare (almeno a me capita così): “[…] due donne di spalle, sedute di fronte al mare, vicine all’infinito […]”. Una frase bellissima, nella quale non è difficile immaginarsi di stare in un dipinto. Antonella nella vita è architetto e, immagino, che sappia anche disegnare, ma una frase così la può scrivere solo una scrittrice vera, come qui dimostra di essere.
Pian piano in Ottavio si fanno strada i sospetti e poi la consapevolezza di una distanza. Scoprire i lati oscuri dell’altro (o quelli che tu pensi siano oscuri) è in sostanza un avvertimento, forse un invito, a non creare “stanze ai dubbi”. Al termine di un evento drammatico, dove sono protagonisti Hans (l’amico di sempre) e Bianca (i due salvano un bambino in pericolo di vita), Ottavio non dubita dell’amico o della moglie, ma comincia a dubitare della vita e ne ha orrore. Hans e Bianca, soprattutto Bianca, davanti ai segni che scoraggiano, non si fermano e lavorano sul tempo breve che c’è tra i segni del fine vita e la fine definitiva. E Bianca è una donna che si occupa degli altri, senza chiedere chi sono e da dove vengono.
La felicità per l’arrivo di un bambino, le insinuazioni maligne di un medico e sullo sfondo le tracce di un affetto profondo che Ottavio scoprirà verso la fine del romanzo, quando la narrazione subirà una svolta inaspettata ed il fragile equilibrio di Bianca, che sembra reggersi nel triangolo con Ottavio, il bambino e le sue erbe ornamentali, ad un certo punto, si rompe. Si rompe e riemergono antichi ricordi, antiche sofferenze, distacchi e Bianca si chiude in sé stessa e quando Ottavio è convinto di fare scelte razionali, arriva un momento in cui la vita lo mette di fronte ad altro e le sue certezze naufragano. Ma c’è sempre un episodio a spiegare i perché delle cose e sarà il gesto di una madre a spiegarlo. Solo la sorprendente rivelazione finale sembrerà restituire una ragione a scelte e difficoltà dei personaggi che risulterebbero incomprensibili. La caratteristica di questo romanzo, dunque, sta tutta nella capacità di mettere in evidenza i sentimenti, le passioni, le inconfessate ragioni dell’agire, attraverso una narrazione che pone l’accento che il peggior peccato è quello dell’omissione.
Zigomi alti come scogli
Antonella Palmieri
L’Erudita, Roma 2017
Pagine 115
€ 13,00