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Occhi di ferrofilato di Mauro Galliano L’Erudita

“Occhi di ferrofilato” è il romanzo d’esodio di Mauro Galliano (L’Erudita). Simonetta Agnello Hornby (autrice di importanti best seller, figlia di un disabile e madre di George, affetto da sclerosi multipla), nella nota introduttiva, definisce il romanzo, una “coraggiosa biografia, impietosa e veritiera”. 

Affrontare la malattia e metterla da parte. Si, perché quando una certa malattia si impossessa del tuo corpo, prima che si prenda anche la tua anima, fermarsi a riflettere significa bloccarsi, significa pensare di non farcela. E allora è necessario ripartire, avventurarsi in un viaggio che non sai dove ti porterà, ma occorre andare.

Tommaso, il protagonista del romanzo, non ha scelto la malattia, ma è la malattia che ha scelto lui. Tommaso, però, non si è mai arreso, non gliela ha data vinta. Ha scelto di lottare e in qualche maniera di guarire.

Tommaso, che tutti a causa del suo aspetto esile, chiamano Ferrofilato è il primo genito di una famiglia composta da madre e due sorelle minori. Tommaso ora ha più di quarant’anni ed ha molto poco di quel quindicenne spavaldo ed entusiasta che giocava a pallone per strada in un quartiere della periferia di Napoli. Una famiglia che non chiede nulla in cambio. Beppe è un padre che Tommaso adolescente ha scelto anche come amico, che educa nel “silenzio educativo”, mai un abbraccio, mai un ti voglio bene, ma è un padre buono e lo sarà ancora di più dopo.

Un romanzo, quello di Galliano, che nel suo racconto difficile lascia spazio all’ironia come quando descrive le partenze per le vacanze della famiglia Giordano che avvengono sempre all’alba, quando gli altri non li vedono, come a voler nascondere qualcosa, che invece è la dignità di una famiglia di lavoratori che non vuole, probabilmente, creare imbarazzi a chi le vacanze non può farle.

Senza parole inutili, “Occhi di ferrofilato” è un romanzo che ci fa comprendere come, in una società a misura di individui apparentemente sani, la reale condizione del malato.

La vita di Tommaso trascorre normale, ma all’improvviso tutto viene stravolto. Tutto viene sconquassato in un attimo, come in un terremoto. Il giorno prima c’è il sereno, poi la terra, come la vita, che trema e il giorno dopo cammini sulle macerie.

È Natale del 1988 e Ferrofilato ha solo quindici anni, quando tutto, di colpo, cambia. Prima un mal di testa, un vedere le figure sdoppiate. Il pronto soccorso, il medico che non ci capisce molto. Poi un altro medico che non solo capisce, ma che al memento dell’onorario apre una cassetta di cartone e invita a metterci dentro quello che si può: lo darà ai poveri. I primi necessari esami confermano le intuizioni del medico buono: Sclerosi multipla a placche. 

Il viaggio in treno verso una struttura del nord con il padre ed è come aver ritrovato il compagno di giochi. Alla fine di un lungo periodo di ricovero Ferrofilato torna a casa. Una mattina qualcuno dalla clinica del nord telefona e a rispondere sarà lui stesso. Gli viene sbattuta in faccia la verità. Un impatto tremendo. Ad un tratto, la voglia di correre incontro alla vita si trasforma in un incubo di una delle malattie più subdole. Tommaso la chiama stronza, bastarda, malvagia, caina, cinica, perfida, arrogante, viscida, vigliacca, sleale crudele. Il mostro che deve guardare dritto negli occhi, per non farsi sopraffare.

Incredulità, sconforto, voglia di abbandonarsi e non reagire, una notte trascorsa senza dormire e Ferrofilato decide che deve vincere lui o che almeno ci deve provare.

Poi nella vita di Tommaso, in una corsia di ospedale, entra Gabriella e diventa incantesimo che sfocia nell’amore che dovranno difendere ad ogni costo. Tommaso e Gabriella, superando le prime contrarietà della famiglia e i pregiudizi che la situazione sembra rendere insormontabili, dopo un fidanzamento durato quasi un lustro, si sposano e vanno a vivere in un’accogliente casa nel centro storico di Napoli. 

Ferrofilato nel suo cammino incontra qualcuno che è ancora più stronzo della malattia. Lo trova in una cinica impiegata della Asl alla quale, con Gabriella si erano rivolto nel tentativo di superare le difficoltà ad avere un figlio. Senza mezzi termini gli dice che è presuntuoso pensare di adottare un bambino dal momento che un bambino in braccio non lo avrebbe mai potuto tenere.

La bastarda, però è lì, pronta a farsi sentire, a dare i suoi problemi e quando tutto sembra andare per il verso giusto, quando Tommaso pensa di poterla tenere a bada, ecco che si fa sentire con tutta la sua malvagità, con tutta la sua prepotenza. E il calvario riprende: cure sperimentali, punture, flebo, stampelle e, infine, vene e testa che non accettano più di essere curate. Tommaso, però, non si dà per vinto. Il ragazzo con poca voglia di studiare, grazie alle tante mani tese, riesce a laurearsi in architettura e anche a trovare un lavoro, ma la mano che più vuole stringere è quella della sua Gabriella.

Tra mille ostacoli, cadute e rialzate e poi altre ricadute passa dalle stampelle alla carrozzina e il mondo visto da quell’altezza diviene diversamente superabile. Tutto diventa complicato ed i sensi di colpa verso chi ama sono lì che provocano scelte sbagliate. Quando la vita la vivi a testa in giù, decidere non è sempre facile. Così Ferrofilato pensa di non farcela e si allontana dalla sua Gabriella. È un errore, ma anche un generoso gesto d’amore, per proteggerla da sé stesso: non funzionò, perché gli occhi di Ferrofilato tornarono presto a guardare quelli verdi di Gabriella.

Ferrofilato si dà forza e la dà agli altri che si trovano nella sua stessa condizione, ma non può dire aver vinto. Non è solo, le sue paure le vive ogni giorno, ma le affronta con consapevolezza e non si lascerà sopraffare.

“Occhi di ferrofilato” non è un libro per i malati di sclerosi multipla, ma è certamente utile a coloro che sono supponenti sani.

Occhi di ferrofilato, di Mauro Galiano L’erudita, Roma 2018, pp. 94, € 13,00

News Reporter
Un uomo controcorrente, che crede nelle persone e nell'affermazione dei diritti di libertà. Dentro ad una divisa grigio verde i fumi dei lacrimogeni, gli spari, le botte - quelle prese e quelle date - la guerriglia nelle piazze di Milano, Genova, Torino, Roma, Reggio Calabria, Aspromonte, Palermo e le gambe che gli tremano ed il cuore che batte, forte. Rammenta i compagni feriti e quelli caduti e pensa che è fortunato che non sia toccato a lui. E poi apprende che un intellettuale, Pier Paolo Pasolini, aveva parlato di lui e di quelli come lui e aveva detto che, mentre a Valle Giulia (1968 e lui era ancora un bambino) altri giovani facevano a botte con quelli come lui, egli stava - “simpatizzava” - dalla sua parte, perché i poliziotti sono figli di poveri. E capisce che può farcela, che c’è, forse, una strada, per ottenere i diritti, che ancora non ha. Ed è su questi ideali, che Paolo Miggiano ha camminato.
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